DSCF0013IL CORRIDOIO DEI VENERDÌ DI APRI@MO

22 aprile – Afghanistan, il peggiore luogo per nascere donna, con Laura Quagliuolo

L’acustica non è proprio perfetta negli spazi della Casa, i soffitti sono molto alti e il Corridoio dispersivo, eppure l’intimità che crea un cerchio di donne all’ascolto riduce le altezze e amplifica la voce; è successo nel Corridoio aperto da Laura.

Nel nostro cerchio grande abbiamo conosciuto la sua onlus, il CISDA (Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane) e i percorsi di solidarietà attivati con le donne afghane per la promozione dei diritti umani e civili, un cerchio sospeso tra lei/noi e loro…

Con Laura siamo rimaste per più di un’ora a Kabul e dintorni, abbiamo percorso a ritroso oltre trent’anni di guerre e contrasti, un periodo che ha trasformato le donne in altri soggetti, rendendole praticamente invisibili.

Una struggente poesia* di Meena Keshwar Kamal, la fondatrice di RAWA (Revolutionary Association of the Women of Afghanistan), uccisa perché “parlava troppo”, ha concluso il nostro incontro di questo venerdì del Corridoio.

Ma la spontanea richiesta finale, rivolta a Laura, è stata di rivederci ancora e continuare quel viaggio, accompagnate, se possibile, da un filo di speranza.

Grazie Laura, a presto.

Elena Vegetti

 

* Mai tornerò indietro
Sono la donna che si è destata,
mi sono alzata e dalle ceneri dei miei bambini bruciati sono diventata una tempesta.
Mi son destata dai rivoli di sangue dei miei fratelli,
l’ira del mio paese me ne ha dato la forza,
i miei villaggi distrutti, bruciati, mi hanno riempita di odio per il nemico.
Non pensare più a me come debole e inetta, o compatriota,
sono la donna che si è destata
ho trovato la mia strada e mai tornerò indietro.

 Ho spezzato i ceppi che avevo ai piedi,
ho aperto le porte chiuse dell’ignoranza,
ho detto addio a tutti i bracciali d’oro.
O compatriota, o fratello mio, non sono più ciò che ero,
sono la donna che si è destata,
ho trovato la mia strada e mai tornerò indietro.

Con la mia coscienza sveglia ho visto tutto,
pur nella totale oscurità che avvolge il mio Paese:
nelle mie orecchie risuonano ancora le urla notturne delle madri cui sono stati strappati i figli.
Ho visto bambini senza casa che vagavano smarriti, a piedi nudi,
ho visto spose vestite a lutto con le mani ancora tinte di henné,
ho visto gigantesche mura di prigioni inghiottire la libertà nei loro stomaci voraci.
Sono rinata tra epopee di resistenza e di coraggio,
ho appreso la canzone della libertà dall’ultimo respiro, dai flutti di sangue e dalla vittoria.

 O compatriota, o fratello, non pensare più a me come debole e inetta,
con tutta la mia forza cammino con te sul sentiero che porta alla liberazione della mia terra.

 La mia voce si è unita a quella di migliaia di donne insorte,
i miei pugni sono serrati insieme a quelli di migliaia di compatrioti,
insieme a te ho imboccato la via che conduce al mio Paese,
per spezzare tutta questa sofferenza, e le catene della schiavitù.
O compatriota, o fratello, non sono più ciò che ero.
Sono la donna che si è destata,
ho trovato la mia strada e mai tornerò indietro.