Screenshot 2015-06-03 12.51.34Se verrete nella Casa sabato 13 giugno dalle 16 alle 19,30 potrete tutte partecipare alla bellissima Festa della nostra “scuola d’italiano delle donne per le donne migranti”. Vi invitiamo caldamente per condividere insieme un momento di incontro tra noi e soprattutto per scoprire che la Casa è anche abitata da donne di ogni Paese con le loro lingue e culture diverse

Ricco e divertente il nostro programma: ascolteremo, da chi vorrà intervenire delle nostre socie, il racconto della loro esperienza di “scolare”; un gruppo canterà alcune canzoni usate didatticamente per imparare l’italiano: un modo efficace e divertente per accostarsi alla nostra lingua. Tutte le “alunne” riceveranno un attestato di frequenza che, certo, non ha alcun valore legale: non siamo una “scuola accreditata”. E infine saremo allietate dalle canzoni del gruppo “Il mio canto libero” che prenderà parte alla Festa. Non mancheranno assaggi di cibi da vari Paesi e un brindisi collettivo.

Ma è davvero una Festa? Come quelle cui abbiamo tante volte partecipato da piccole e da grandi, molto felici perché… finalmente le vacanze! Basta compiti, interrogazioni, patemi d’animo?…

Ben diverso è il sentire delle nostre speciali “alunne”. Che ci hanno detto: ma finiamo? Non continuiamo anche d’estate? E cosa facciamo? Dove andiamo? Una di loro ha scritto: “Cara Casa, sono venuta qui per imparare la lingua italiana, per conoscere altre persone, per sapere un po’ più della città, per fare qualcosa di diverso perché sono sempre sola in casa e per stare bene…e ora non so cosa fare d’estate quando la Casa sarà chiusa”. E non solo ci hanno chiesto di continuare le lezioni d’estate, ma vorrebbero venire a scuola tutti i giorni e già ogni volta che finiamo l’ora e mezza prevista vorrebbero restare ancora… A noi, ad ascoltarle con questa grande richiesta/desiderio di imparare l’italiano,  ci si è stretto il cuore. Retorica?

Scrivevamo nel nostro Progetto prima di iniziare: “Riteniamo che “la scuola d’italiano” sia uno strumento fondamentale attraverso cui le donne migranti, imparando la nostra lingua, possano poter “prendere la parola”, dire di sé, partecipare, stringere legami amicali e relazionali e avviare insieme a noi native scambio di saperi e progetti comuni”. Riaffermiamo quanto scritto. Ma ora le donne migranti per noi hanno un nome, un volto, una storia. Sono Boye o Delia che arrivano nella Casa con la pila di libri che vendono per strada sulla testa, sorridendo, senza farli cadere o Christine con il suo piccolo di 8 mesi che ormai vuole camminare e alcune di noi lo prendono e girano con lui per il corridoio, e Gayanthi, contenta di portare la sua bambina di due anni o Yolande che ci chiede il vocabolario di italiano da portare con sé per imparare di più. E anche Nina che parla già bene, ma non vuole sbagliare gli articoli davanti ai nomi, perché nella sua lingua non ci sono. E Rosa che dice che conoscere la lingua la rende meno “paurosa” nei confronti degli altri. Potremmo continuare e nominarle tutte, ma potrete ascoltarle alla Festa, se si sentiranno di parlare…

Cosa faremo a settembre per rispondere alla loro richiesta di “più scuola”, vedremo. Dipende anche dalla disponibilità di ciascuna di noi che già si impegna tanto.

Per ora FESTEGGIAMOCI, perché nella nostra giovane Casa un piccolo traguardo lo abbiamo raggiunto: non siamo solo noi ad abitarla.

Francesca Amoni