eva_1Moltissime persone  hanno affollato lo Spazio da Vivere per ascoltare Eva Cantarella e discutere sulla figura potente e sinistra di Clitennestra. Omero nell’Odissea costruisce l’opposizione tra il modello femminile tutto positivo e fedele di Penelope e quello mostruoso e ribelle di Clitennestra, vista con gli occhi del marito trucidato da lei; Eschilo è autore dell’immensa trilogia in cui la sanguinaria regina uccisa dal figlio Oreste domina, da viva e da morta, tutte e tre le tragedie, in una catena di vendette che alla fine devono trovare il loro superamento nel tribunale della pòlis maschile;  le grandi scrittrici del Novecento (e oltre) indagano i molti torti subìti da lei, esplorano dall’interno la sua personalità e attualizzano e a volte ribaltano le sue vicende; Martha Graham le dedica una danza che termina in un lieto fine nell’aldilà, con Oreste che prende tra le braccia la madre e balla con lei; molte opere teatrali, anche recentissime, continuano a riproporla grazie alla ricerca appassionata di registe e di attrici: questa grande figura mitica continua interessarci e a interrogarci.

Diverse domande hanno animato il dibattito tra Eva Cantarella e Vittoria Longoni e col pubblico, spaziando tra le variazioni sul mito, i risvolti giuridici, le relazioni attuali tra i generi. Difficile farne una sintesi e ancora più difficile trarre delle conclusioni, perché la potenza dei grandi archetipi mitici è proprio quella di suscitare interrogativi, interpretazioni, suggestioni nei campi più vari.

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Un filo conduttore importante può essere quello che indaga la fascinazione della protagonista nei confronti del mondo maschile e del suo potere. Clitennestra, dopo essere stata conquistata in guerra da Agamennone, col marito ucciso e il bambino strappato con violenza dalle sue braccia, s’illude di avere potere quando diventa la moglie del sovrano miceneo, fino a che proprio lui inganna e sacrifica la figlia Ifigenia per poter partire con la flotta per Troia. Il rancore della regina a cui sono stati uccisi dal marito due figli, più volte tradita e disonorata, sfocia in una vendetta feroce che imita e riproduce la violenza subìta e infine provoca il matricidio di Oreste e la sua persecuzione da parte delle terrificanti Erinni materne.

Clitennestra continua a muoversi nell’orbita del potere maschile che la definisce, la offende tremendamente e la affascina:eva3 l’immagine più significativa e ribaltata, tratteggiata da Marguerite Yourcenar in “Fuochi”, è il fantasma di Agamennone che continua, anche da morto, a ossessionare la regina che lo ha amato troppo, ne è stata delusa e non riesce a liberarsi di lui neppure dopo averlo ucciso. Le Erinni materne, figure della vendetta e del rancore, sono in fondo simili e speculari, rispetto al fantasma del maschio guerriero potente? Possiamo liberarci dal plurimillenario squilibrio di potere tra i generi e dal fascino interiorizzato del maschile, cominciando a costruire una vera autonomia?

La prossima puntata del ciclo “Personagge del mito” sarà, a grande richiesta, dedicata a Medea.