In vista del convegno che si terrà alla Casa delle Donne sabato 22, a partire dalle 16, proponiamo alcuni stralci dello scritto autobiografico di Hélène Cixous Mon Algeriance, in cui l’autrice traccia il senso della sua tensione vitale tra radicamento e sradicamento, evitando i toni della nostalgia e dell’esilio, ma piuttosto considerando questa sua condizione come possibilità di movimento e di comprensione delle differenze. Quando, nel 1955, si stabilirà in Francia, sarà per lei il momento di adottare una nazionalità stabile,la nazionalità letteraria, come lei stessa afferma in un’intervista.

 

Il mio pensiero è nato con il pensiero che avrei potuto nascere altrove, in uno dei venti paesi in cui era atterrato uno dei frammenti viventi della mia famiglia materna che era saltata in aria sul campo minato nazista. Con il pensiero del caso, dell’accidente, della caduta. La Pioggia d’atomi di Lucrezio, piovendo l’atomo di mia madre aveva incontrato l’atomo di mio padre.

La strana molecola staccatasi dalla nuvola nera del nord era atterrata in Africa.

Nella bambina sorridente e felice che ero nascondevo (agli altri e a me stessa) una bambina segreta, inquieta, clandestina, che ben sapeva che in verità era nata altrove.

Il sentimento  oscuro di essere emersa là per caso, di non essere di nessun qui per via ereditaria o discendenza, la sensazione fisica di essere un fragile fungo, una spora schiusasi in una notte, e che tiene alla terra soltanto grazie a frettolose e fragili radici. Un altro sentimento nell’ombra: la certezza che non potrà mai essere scalfita che ‘gli arabi’ erano i veri figli di quel suolo polveroso e profumato. Ma quando camminavo a piedi nudi con mio fratello sui sentieri caldi di Oran, sentivo la pianta del mio corpo carezzata dalle palme accoglienti degli antichi morti del paese e il tormento della mia anima si placava (…) Il mio nome selvaggio irto sessuale non appropriato (…) un nome impossibile (…) nome non francese,. Un nome barbaro, bizzarro e sconosciuto. Senza origine. Né francese, e neppure ebreo. Un piccolo brutto anatroccolo tra i patronimici ebrei d’Algeria. Un nome peggio che ebreo, o ancor più ebreo che un nome ebreo famigliare. Una specie di nome trovatello. Un quasi anonimo. Anche gli ebrei d’Algeria non sanno che farne (…) Sono stata sul punto di sacrificarlo quando il mio primo libro stava per uscire. Mi sono riveduta: il mio nome, il mio naso troppo grande troppo aquilino, le mie prominenze. I miei tratti eccessivi. In extremis rinunciai a rinunciare ai miei segni distintivi. Accetto il destino. Ciò di cui mi guardai bene, salvaguardando il nome e il mio naso, era la tentazione di rinnegare.

 

di Hélène Cixous, DWF, 1 – 1999, pp.70-92

 

Ecco il programma del convegno

ore 16.00 – Saluti

ore 16.30 – Dialogo tra:

Nadia Setti – Docente di “Studi di genere e letteratura comparata” all’Università Paris VIII – Vincennes

Mario Vergani – Docente di “Filosofia teoretica” all’Università Bicocca di Milano

Modera Barbara Mapelli – Università Bicocca di Milano e componente del Consiglio Direttivo della Casa delle Donne di Milano

ore 18.30 – Interventi di:

Claudia Alemani – Supervisore pedagogico Università Bicocca di Milano

Pierfilippo Pozzi – Filosofo

Angelo Villa – Psicoanalista

Paola Bono – Società Italiana delle Letterate, Dams di Roma 3

Maria Piacente – Direttrice Responsabile Rivista Pedagogika.it

Laura Marzi – Vicepresidente SIL

Modera Barbara Mapelli

ore 20.00 – Apericena presso Casa delle Donne

dalle ore 21.15 alle 22.00

Letture teatrali tratte dai testi di Hélène Cixous e Jacques Derrida

a cura di TAC Teatro a chiamata di Ornella Bonventre