La Casa delle Donne di Milano sottoscrive il documento della “Transnational Social Strike Platform” che qui di seguito pubblichiamo.

L’attacco della Russia ai territori ucraini porta la guerra tra noi. Nelle ultime settimane abbiamo assistito all’escalation di tensione tra le potenze globali sotto gli occhi attoniti di coloro che stanno ancora lottando per riprendersi da due anni di pandemia.

Abbiamo visto parenti e amici morire di Covid e soffrire per qualcosa che ha cambiato la vita di tutte e tutti. Quando speravamo di aver superato il dolore della pandemia, un’altra guerra ci ricorda quanto sia urgente lottare collettivamente per una politica differente.

Il dibattito pubblico sembra costringerci a schierarci: o con l’imperialismo russo o con l’espansionismo della NATO e il predominio degli Stati Uniti. Dovremmo schierarci o con un nazionalismo o con l’altro, quando entrambi i sistemi promuovono con mezzi diversi lo stesso sfruttamento e trasformano i confini in strumenti di morte.

Non è un caso che la militarizzazione delle frontiere sia avvenuta in primo luogo contro i migranti in cerca di una vita migliore. Non è un caso che nessuna delle parti parli delle conseguenze che tutto questo avrà sulla vita delle persone.

In questi anni abbiamo assistito a false contrapposizioni, mentre nei paesi dell’Europa orientale e ai suoi confini, fazioni pro-EU, pro-NATO o pro-Russia hanno tutte lavorato per portare avanti riforme neoliberiste.

Abbiamo visto chi difende la Russia attaccare allo stesso tempo le misure di welfare e i diritti sul lavoro. Abbiamo visto l’UE tenere nella sala d’attesa dell’integrazione paesi come Ucraina e Georgia, come serve per i loro piani neoliberali. Abbiamo visto uomini e donne credere che la prospettiva di entrare in EU significasse la possibilità di una vita migliore.

Ma ciò che tutti questi attori hanno fatto non è altro che promuovere politiche di sfruttamento, politiche patriarcali e razziste, mentre nel frattempo rafforzavano i loro eserciti. Adesso sono colpevoli anche di questo esito omicida.

Ora vediamo che i paesi dell’Europa centrale e orientale dichiarano di essere pronti a ospitare rifugiati ucraini “per ragioni umanitarie”.

Dopo aver lasciato moltissimi migranti iracheni, afghani e siriani morire congelati nei boschi al confine tra Polonia e Bielorussia sotto l’occhio complice dell’Unione Europea, il governo polacco, nella speranza di compiacere gli alleati americani, si impegna adesso ad accogliere un milione di rifugiati ucraini. L’uso politico del diritto d’asilo sembra non finire mai.

Centinaia di migliaia di migranti ucraini vivono già in Polonia, dove lavorano per salari miseri in magazzini, fabbriche e nelle case. Invece di agire seriamente per evitare la guerra, il governo polacco, così come l’UE, sono pronti a trasformare la guerra nell’ennesima possibilità di trovare manodopera a basso costo, traendo profitto dai rifugiati e dai lavoratori più poveri.

Vediamo quelli che dicono di essere in prima linea per la transizione verde, privilegiare l’espansione della NATO e le prospettive di futuri investimenti occidentali rispetto alla pace. Vediamo coloro che stanno sostenendo investimenti militari altamente inquinanti, celebrare la loro festa omicida e mettere in pericolo non solo il popolo ucraino, ma anche il futuro di tutti noi. È anche colpa loro se la guerra è scoppiata.

La politica delle sanzioni e la guerra economica sono meno violente ma colpiranno soprattutto quei lavoratori, quei migranti, donne e uomini che stanno già lottando per sopravvivere alla pandemia e alla crisi.

L’invasione dell’Ucraina non trova appoggio in Russia e in moltissimi si oppongono alla prospettiva di essere in qualche modo responsabili delle azioni del governo di Putin, la resistenza al suo regime autocratico cresce e il numero dei prigionieri politici dissidenti in carcere è in aumento.

L’invasione russa sta portando distruzione in Ucraina, ma non c’è un modo democratico di fare la guerra. Quello che vediamo è un tentativo di ridisegnare le relazioni globali in un momento in cui le dinamiche transnazionali e i movimenti delle persone stanno già scuotendo alle radici un sistema geopolitico marcio.

Siamo al fianco di tutte le persone che in Ucraina stanno subendo la guerra. Siamo con tutti coloro che in Russia si oppongono al regime di Putin, sosteniamo chiunque si opponga alla guerra e chiediamo che tutte le ritorsioni militari ed economiche si fermino immediatamente da entrambe le parti.

Dobbiamo fermare questo massacro armato e dobbiamo impedire che un’ulteriore crisi colpisca ancora lavoratori, migranti, donne e uomini che già combattono tutti i giorni per la loro sopravvivenza.

Mentre i nazionalisti portano avanti le loro azioni in nome di identità ed interessi che ci dividono e ci opprimono, e i democratici alimentano ulteriormente il conflitto in nome di valori che promuovono la presa del capitale sulla vita di tutti e tutte, noi spingiamo per una politica transnazionale in cui lavoratori, migranti, donne e uomini si schierino per la pace e contro questa guerra devastante”.

Il documento è pubblicato sul sito di connessioni precarie. Se il vostro collettivo, sindacato, gruppo femminista e di migranti vuole firmare questo documento, scrivete a info@transnational-strike.info

Prime sottoscrizioni:

CLARA Collective (Czech Republic); connessioniprecarie.org (Italy); Plan C (UK); სოლიდარობის ქსელი / Solidarity Network (Georgia); ЛевФем / LevFem (Bulgaria); OZZ Inicjatywa Pracownicza (Poland); Диверсия (Bulgaria); Wish Lesvos (Greece); مساواة (Mosawat-Morocco); Căși sociale ACUM / Social housing NOW (Romania); Coordinamento Migranti Bologna (Italy); LabourNet (Germany); NEM! – Nők Egymásért Mozgalom (Hungary); P A L E C Plateforme Africaine de Lutte Contre Emigration Clandestine; Centre for Theatre of the oppressed POKAZ (Zagreb, Croatia); Infokolpa (Slovenia); Jolanta Marxist Collective from Uppsala (Sweden); عن المنظمة– IKKR (Morocco); EAST – Essential Autonomous Struggles Transnational; Transbalkanska solidarnost; Worker-Communist Party of Iraq (Iraq); Transnational Migrants Coordination; MACAO center for art Milano (Italy); BAK – Seenotrettung in der Linksjugend [‘solid] (Germany); L’Associazione Fuorimercato – Autogestione in movimento dall’Italia (Italy); Manifestolibri (Italy); Laboratorio Smaschieramenti (Italy); Red de Feminismos Descoloniales del Sur (Mexico); Clandestina Network (Greece); Kolektiv Z; Eco Justice Valandovo (North Macedonia); The Climate Herald; Συνέλευση 8 Μάρτη (8 march assembly, Greece); Colectiva Tinta Violeta (Venezuela); Rete Kurdistan (Italy); Comunità Curda (Italy); Unidad Latina en Acción – ULA (US); Halkların Köprüsü Derneği (Turkey); HDK Göç ve Mülteciler Meclisi (Turkey); Rete Antirazzista Catanese (Italy); Comitato NoMuos/NoSigonella (Italy); Zagreb Solidarity City (Croatia)