Il 18 ottobre alla Casa delle Donne accoglieremo Motomi Maekawa maestra di sashiko, un’antica tecnica giapponese di cucitura che oggi parla con forza al presente.
Esperta di sashiko e creatrice del profilo Instagram Cicucicucire, in cui condivide la sua passione per il ricamo, la lentezza del gesto e la bellezza che nasce dalla ripetizione. Il suo approccio ci ricorda che cucire è anche un atto meditativo, un modo per riscoprire il valore dei tempi lunghi, della cura dei dettagli e del riuso creativo.
L’incontro avviene dopo un percorso di un anno, condotto da Giulia Picciotto, in cui nel laboratorio di Arti Manuali e creative, sotto la sua cura le mani delle partecipanti hanno pazientemente ricamato, rammendato, trasformato tessuti in capi e oggetti unici, frutto di creatività, cura e condivisione, con la tecnica del Sashiko.
Allo stesso modo del Kintsugi l’arte giapponese di riparare le ceramiche rotte con oro, argento o platino, trasformando la frattura in elemento decorativo. Ogni pezzo diventa unico, perché le cicatrici raccontano la sua storia. Non si nasconde il danno, lo si celebra, insegnando che la fragilità può diventare bellezza.
Il termine sashiko significa “piccoli punti”: nascono come punti di rinforzo, per rammendare e far durare di più i tessuti. In Giappone, in epoche di scarsità, il sashiko era la risposta all’impossibilità di sprecare: niente si buttava, ogni stoffa veniva recuperata. Questo gesto quotidiano di sopravvivenza è diventato una pratica estetica e politica.
Oggi, in un mondo dominato dalla fast fashion e dalla logica “usa e getta”, il sashiko rappresenta un atto di resistenza: ricucire invece di scartare, recuperare invece di consumare, creare bellezza a partire da ciò che è logoro. È un gesto che rifiuta la moda che manda al macero milioni di capi invenduti, trasformandoli in rifiuti e inquinamento. Con il sashiko, invece, l’abito rammendato diventa più prezioso, perché porta con sé la storia di chi lo ha indossato e di chi lo ha ricucito.
Il nostro laboratorio ha mostrato come il cucito possa intrecciarsi con riflessioni sull’ecologia, l’economia del riciclo e l’ecofemminismo. Prendersi cura di un tessuto significa anche prendersi cura del pianeta, dei legami comunitari, di noi stesse. È una forma di craftivism, un attivismo artigiano che usa ago e filo come strumenti per immaginare un futuro diverso: più lento, più sostenibile, più giusto.
Il ricamo, con i suoi tempi lunghi e pazienti, ci ha insegnato che la cura non è mai frettolosa. Ogni punto richiede attenzione, concentrazione, respiro: è una pratica che educa a rallentare, a sottrarsi al ritmo accelerato che ci vuole sempre produttive. E soprattutto è stata una pratica collettiva: donne sedute insieme, a condividere fili e storie, silenzi e conversazioni. Nel cucire insieme si è creata una comunità che va oltre l’ago e il tessuto: una comunità di relazioni, ascolto e solidarietà.
Il 18 ottobre sarà l’occasione per condividere non solo capi e oggetti, ma anche un messaggio: che dal gesto semplice del cucire può nascere una nuova cultura della cura e del rispetto, contro lo spreco e a favore della vita.
Il gruppo di ricamo sashiko
Laboratorio Arti Manuali e Creative
