di Angela Giannitrapani e Marilena Salvarezza.

Scommettere sul romanzo rosa alle soglie del nuovo millennio? Si può fare. Il gruppo Libr@rsi di Casa delle Donne di Milano lo ha fatto e, davanti alla sala composta da un pubblico attento e intergenerazionale, ha offerto la testimonianza di due scrittrici di oggi.

Virginia Bramati e Roberta Quasi, per prime loro stesse, sono state protagoniste dell’incontro con le loro differenti personalità, con le loro idee chiare e decise su cosa è oggi il romanzo rosa, su quali nuove cifre disegnano le protagoniste: donne con brillanti carriere o comunque con autonomia economica, donne che non cercano l’amore per forza.

Ma lo trovano e trovano quello giusto proprio perché non lo cercano. Donne consapevoli delle proprie capacità e dalla forte dignità non possono che trovare uomini adatte a loro. Così, anche gli uomini sono uomini millennial, compagni alla pari di cosiffatte donne.

Inevitabile il lieto fine, perché è l’unico ingrediente assolutamente obbligatorio. Perché senza lieto fine non c’è rosa che si possa dire tale. E, d’altra parte, il lieto fine è nel DNA dell’umanità, affermano entrambe le scrittrici.

Chi può contraddirle? E se Bramati disegna le sue ‘ragazze’ sicure di sé, Quasi non rinuncia a sfumarne anche le fragilità, con dolcezza e con quella compassione di sé che serve a perdonarsi dei propri inciampi. Così, spera che a chi legge arrivi lo stesso invito.

In ogni caso c’è un forte patto con le lettrici (e anche con i lettori) perché attraverso le vicende dei romanzi possano anche esplorare parti di sé rafforzando processi identitari e di consapevolezza.

Il coinvolgimento emotivo delle scrittrici si riverbera in chi le legge, in alcuni casi con funzione quasi catartica come afferma Rebecca. Le trame sono attinte dal mondo quotidiano, dall’interesse per le storie di vita e calate anche in contesti ambientali e sociali insoliti, per esempio nel periodo del Covid.

Per queste autrici il rosa non ha bisogno di castelli o ambientazioni esotiche, ma “il romanticismo” si innesta nel mondo reale, come elemento di arricchimento che le protagoniste hanno meritato per il modo positivo e attivo in cui attraversano tutti gli aspetti della vita.

Le due scrittrici hanno avuto percorsi di affermazione differenti, ma entrambe sono partite dall’autopubblicazione, rendendosi così autonome dai percorsi editoriali più difficili e affermandosi solo attraverso l’attrattiva dei loro libri, una possibilità aperta a tutte.

Riallacciano l’origine delle loro ispirazioni di scrittura a figure famigliari, la madre e le amiche per una, il nonno per l’altra, nella tradizione del racconto orale che si snoda nell’intimità della casa. A quelle figure ‘contadore’ entrambe riconoscono di dovere molto.

Il pubblico è intervenuto interloquendo in modo puntuale e commentando i loro romanzi. Alcune più giovani sollecitano la loro opinione sulle forme (estreme e perturbanti), come il dark/rosa che ritroviamo pubblicizzato anche sul social per giovanissimi Tiktok.

È una deriva che contiene e giustifica la violenza nella relazione sessuale e amorosa. Ovviamente entrambe le autrici sono per una condanna senza appello di quello che è la “mercificazione” culturale della violenza che giustifica quella reale, presente anche in una parte dei maschi più giovani.

Un pomeriggio che si è colorato di molte sfumature oltre il rosa stesso.