Il 7 dicembre, tra gli Ambrogini d’Oro consegnati dal Comune di Milano, ci sarà anche lei: Carmen De Min, scomparsa lo scorso 6 febbraio, una delle Mamme Antifasciste che abbiamo sempre chiamato “Mamme del Leoncavallo”. Chi l’ha conosciuta, anche tra noi della Casa delle Donne, ricorda che diceva sempre: “Attente, i fascisti non se ne sono andati, possono ritornare…”.

Era nata in Veneto nel 1934 da una famiglia antifascista e la violenza delle SS e delle camicie nere l’aveva vissuta sulla pelle.

“Più di una volta fummo prelevati dai fascisti dentro casa e poi costretti ad andare contro un muro con i mitra puntati addosso. Rivolgevamo loro la schiena e sentivamo caricare le armi… Volevano sapere dove erano nascosti i partigiani. Fingevano di ucciderci come in un plotone di esecuzione. Al muro mia madre, mio padre, i miei fratelli più piccoli e io. Per forza sono cresciuta antifascista convinta!” ricorda nella bella autobiografia pubblicata dall’Enciclopedia delle Donne.

Era arrivata a Milano negli anni Sessanta, abitava in via Guerrini, zona Lambrate. Le sue due figlie, Ornella e Manuela, due ragazze di 19 e 18 anni, avevano iniziato a frequentare il centro sociale Leoncavallo nel 1976. Lì erano diventate amiche di Fausto e Iaio. Si trovavano spesso la sera a casa di Carmen, a suonare la chitarra o a preparare manifestazioni. C’erano anche la mamma di Fausto e la sorella di Iaio.

Ancora le parole di Carmen: “Era il 18 marzo 1978, un sabato, due giorni dopo il rapimento di Moro. Non mi dimenticherò mai quello che ho sentito al telegiornale: ‘Sono stati uccisi due ragazzi al Casoretto per un regolamento di conti tra drogati’. Mi pareva strano. Solo la mattina ho saputo con sgomento che erano proprio Fausto e Iaio i compagni assassinati! Non è vero! Non è vero! non potevo crederci, non era possibile… Ho pianto poco, perché una rabbia micidiale mi soffocava: loro semmai stavano lavorando a un libro bianco contro gli spacciatori!”.

Carmen De Min, fondatrice delle Mamme del Leoncavallo.

Non si dava pace, doveva fare qualcosa. “Le mie figlie mi hanno dato le loro agendine, mi sono messa a telefonare a tutti chiedendo, non del ragazzo e della ragazza, ma delle loro madri… Volevo parlare con la mamma. E parlavo, parlavo, dicevo che i giornali e la televisione raccontavano bugie. ‘Guardate che qui è un’altra storia, c’è sotto qualcosa di brutto… Come hanno ucciso quei due ragazzi potrebbero domani farlo ai nostri figli…’. La gran parte delle mamme che mi rispondevano si mettevano a piangere. (…) Alcune hanno proposto di andare tutte insieme ai funerali con uno striscione, altre di organizzare una riunione tra noi mamme… Poi sono andata a ordinare una corona con la firma: ‘Le Mamme del Leoncavallo’ e l’ho fatta portare all’obitorio, dove noi mamme avevamo l’appuntamento.”

Da quel giorno, le Mamme hanno iniziato a riunirsi. C’erano, oltre a Danila, mamma di Fausto, e a Iaia, sorella di Iaio, le mamme di Varalli, di Franceschi, di Brasili e molte altre.

Per vent’anni siamo andate al Tribunale, con o senza appuntamento, per incontrare o protestare con i giudici che cambiavano in continuazione. Una volta eravamo in cento, una volta in quindici, un’altra volta in sei. Per vent’anni… Io mi sono contata persino tutti i gradini che ci volevano per arrivare all’ufficio dei giudici… 940 scalini… 940 scalini per conoscere la verità: chi li ha uccisi e perché. Solo questo. Poi invece purtroppo c’è stata l’archiviazione. Nelle motivazioni c’era scritto: ‘archiviazione nonostante ci siano i nomi di personaggi fortemente indiziati appartenenti alla banda della Magliana di Roma e ai Nuclei Armati Rivoluzionari’, gruppo famigerato responsabile di tante stragi di quegli anni, compresa la stazione di Bologna”.

Manifestazione Mamme del Leoncavallo a Milano

Una manifestazione delle Mamme del Leoncavallo

Carmen conclude così la sua lunga biografia, che è anche un omaggio a molte altre donne e madri di cui racconta la storia: “Le madri generano e non possono accettare che i sogni dei loro figli siano spezzati da contratti non rinnovati, da spazi negati, dall’impossibilità di amarsi e generare. Le madri vogliono poter generare e rigenerare vite, sogni e memoria come hanno fatto le madri argentine e le madri di ogni paese violentato dalla guerra.

Partendo dal sangue dei figli, un gruppo di donne si è messo in cammino.

Le Mamme Antifasciste hanno imparato dai giovani, dai loro figli, loro le hanno aiutate a crescere. Oggi, queste donne non smettono di trasmettere forza e memoria alle nuove generazioni”.

Foto  @Bruna Orlandi