di Grazia Longoni.

Luisa Pronzato ci ha lasciato nella notte tra il 7 e l’8 febbraio. Giornalista e mente della “27a Ora/Corriere della Sera”, instancabile promotrice di otto edizioni del “Tempo delle Donne”, femminista, donna e cronista libera, era una nostra amica. Come lo era un’altra sua e nostra amica e collega, Giovanna Pezzuoli, scomparsa quattro mesi fa.

Alla Casa delle Donne, Luisa era venuta più volte. Era presente all’inaugurazione, l’8 marzo 2014, quando aveva partecipato a una tavola rotonda con giovani giornaliste e blogger. In seguito è intervenuta in diversi dibattiti sul rapporto tra le donne e i media, per esempio nel ricordo di Anna Politkovskaja o quando abbiamo parlato delle “buone pratiche” delle donne nei nuovi media e nel web.

L’ultimo messaggio che le ho mandato è stato per comunicarle che finalmente la Casa delle Donne si era aggiudicata la sede di via Marsala vincendo il bando del Comune di Milano. Le ho scritto anche se sapevo che in quei giorni stava morendo, nella sua Liguria, accudita dalla sorella Paola. Speravo forse che mi rispondesse, magari con uno di quei suoi what’sapp incomprensibili, frutto di dita troppo veloci. 

Dei problemi della Casa le avevo parlato diverse volte negli ultimi due anni. E in una di queste telefonate, lo scorso giugno, alla consueta domanda “come stai?” aveva risposto “sono alla terza chemio”, raccontandomi, con la franchezza che la caratterizzava, di quella “grossa massa” che si portava dentro. Continuava a lavorare come una matta, come sempre. Solo durante l’ultimo “Tempo delle Donne” del settembre 2021, che come sempre aveva contribuito a ideare e a organizzare, mi aveva detto che era “incasinata”, parola che usava spessissimo, e che aveva qualche “problema di energia”.

L’avevo conosciuta una ventina di anni fa, quando collaborava a “Io donna”: la ricordo minuta, con un grande zaino, i riccioli scomposti che con gli anni diventavano più grigi, sempre di corsa, piena di idee e di proposte. Poi era entrata nella redazione di “Sette” e, undici anni fa, in quella della “27a Ora”, dove aveva trovato forse il suo posto ideale.

Così si era presentata, il 9 marzo del 2011:

«Alla mia età, molte fanno il lifting. Io mi sono gettata nell’online. Intrigata, soprattutto, da idee e creatività che ruotano attorno all’impalpabile byte. Urticata dalla Rete, resto una deficiente digitale, senza sensi di colpa per il gap con i trentenni ma propensa a indagare filosofie e aperture dello zero punto due. Credevo che noi ragazze (e soprattutto le nuove generazioni) ce l’avessimo fatta: diverse, certo, dagli uomini, ma diverse come qualsiasi individuo. E invece ho l’impressione che si sia tornate a essere “sesso debole”… Allergica ai moralismi, mi ritrovo a indignarmi perfino di una vetrina fatta da manichini con mutande e calzoni abbassati. Per fortuna mi indigno pure di altro. Sono, con orgoglio, lo stereotipo della zitella (lascio ad altre i doveri della single). Pasionaria, non rinuncio agli entusiasmi. Fotografo per esercitare occhio e mente e continuare a raccontare».

Grazie, Luisa, di tutto quello che ci hai raccontato e che sei riuscita a far raccontare a tante donne.