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Martedì 12 novembre alle 18, allo Spazio da vivere della Casa delle Donne in via Marsala, presenteremo i risultati del sondaggio su Milano che come gruppo Città bene comune abbiamo proposto a socie e amiche, seconda tappa di un’indagine sulla percezione femminile rispetto alla città iniziato nel maggio 2015 con un sondaggio sulla mobilità di genere.

Oggi abbiamo chiesto al nostro specifico “pubblico” di donne come vivano l’insieme della città, come vi stiano dentro, se e come la sentano giusta per loro, o come invece la vorrebbero cambiare.

I profondi mutamenti che nel bene e nel male hanno riguardato Milano negli ultimi anni non possono non interrogare la nostra sensibilità di donne e la nostra specifica idea di cittadinanza.

Qualcuno ha scritto che le città non sono uno spazio ma un processo, e in questo senso chi le produce, chi dà loro forma e senso, è chi le abita. In effetti le donne protagoniste di questo sondaggio mostrano un rapporto esistenziale assai vivace con il luogo in cui vivono. Un rapporto quasi di amore/odio che rispecchia sia sentimenti di appartenenza e apprezzamento, con notevoli differenze però rispetto alla zona in cui si abita, sia severe critiche e domande di cambiamento.

La preoccupazione per l’ambiente, la salute e la qualità della vita è al primo posto: “troppo inquinamento”, “troppo rumore”, “troppo traffico”, “poco verde” sono osservazioni ricorrenti.

Per quanto riguarda la cosiddetta sicurezza, Milano viene vista come abbastanza sicura, e questo è un dato positivo che smentisce narrazioni allarmistiche di vario genere.

Si avverte un certo piacere di vivere in una metropoli tecnologica e anche un po’ avveniristica, ma contemporaneamente un elemento che emerge con forza è la nostalgia dei rapporti di vicinato e della socialità di quartiere che esisteva un tempo. C’è il rimpianto delle vecchie botteghe di una volta, c’è la paura del senso di anonimato che avanza: “di sera la città è deserta”, “c’è troppa differenza tra centro e periferia”, “le periferie sono tristi e abbandonate”, “i legami sociali si sono persi”…

Viene molto apprezzato il sistema del trasporto pubblico delle linee metropolitane, o la buona accessibilità ai servizi nelle zone semicentrali, ma numerose critiche si appuntano sull’insufficiente servizio pubblico nelle periferie e di sera.

Le risposte mostrano un gran desiderio di bellezza come un diritto di cittadinanza vero e proprio, l’importanza di vedere un bel panorama affacciandosi alle finestre e di avere un maggior numero di belle piazze dove sostare.  C’è poi una forte domanda di più spazi culturali, più centri sportivi, più strutture sanitarie in ogni zona della città.

La ricchezza di osservazioni che verrà descritta nei particolari il 12 novembre disegna insomma una città che si vorrebbe antica e futuristica insieme. Il ritratto che ne esce ci dà anche un’idea del tipo di donne che hanno risposto. Non giovanissime ma contemporanee, interessate all’ambiente, alla cultura, ai servizi sociali, alla mobilità. Le richieste su questi temi sono chiare e forti. Ma altrettanto forte è il desiderio di una dimensione urbana risocializzata, riumanizzata, fatta di rapporti umani e di bei luoghi in cui potersi incontrare.

La contraddizione tra rimpianto del passato e desiderio di futuro è probabilmente inevitabile e irriducibile in questa epoca di passaggio e trasformazione che deve ancora trovare la misura in un senso o nell’altro. Ma quel che più conta è che nella progettazione urbana si dia finalmente spazio a un’idea di città “delle donne” pensata dalle donne.

Floriana Lipparini
(Città bene comune)

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