12742287_519899894859102_1898181797414393448_nIl 2 aprile, dalle 9.30 alle 18.00 alla Casa avremo l’opportunità di approfondire un tema che riguarda tutte e tutti molto da vicino: l’educazione dei più piccoli al rispetto e alla pluralità, l’affermazione di diritti, la libertà di essere come vogliamo.

Da alcuni mesi si è scatenata nei confronti della scuola pubblica una battaglia contro la cosiddetta “ideologia del gender”, locuzione che in sé non ha alcun significato ma che è stata adottata da un fronte composito di associazioni per lanciare un attacco a chi, all’interno del nostro sistema educativo, si attiva per organizzare iniziative e corsi di formazione che hanno l’obiettivo di contrastare e snidare gli stereotipi sessuali, le ineguaglianze e i pregiudizi di cui la nostra cultura è intrisa; attacco rivolto, in particolare, a chi vuole ridiscutere le relazioni tra donne e uomini e a chi dichiara differenti orientamenti affettivi e chiede di veder riconosciuti i suoi diritti.

Va ricordato che nella scuola italiana non vi è una diffusione sufficiente delle proposte educative di genere, poiché manca un quadro legislativo di riferimento; il nostro Paese ha più volte ricevuto richiami dalla Comunità Europea per la sua inadempienza riguardo a interventi didattici, di formazione docenti e elaborazione di libri di testo adeguati alla sfida.

Ma, nonostante la frammentarietà e la precarietà degli interventi formativi, sono iniziati attacchi virulenti intesi a manipolarne il significato; attraverso l’uso della locuzione “ideologia del gender” si tenta di far sparire una proposta educativa, si vuole insinuare che questi interventi formativi metterebbero in pericolo la solidità dell’istituto famigliare – quello “vero e naturale” padre, madre, figli – e la solidità dei ruoli sessuali tradizionali. Insomma, i passi difficili, le faticose conquiste educative di tutti questi anni hanno generato una serie di paure e timori che si sono espressi secondo una scala di interventi che, prevalentemente, hanno toccato molti tasti, adottando linguaggi forti, metafore manipolatorie e, facendo leva su un messaggio confuso e destituito di senso, lo si è trasformato, abbastanza abilmente, in una parola d’ordine facile e accessibile a chiunque, anche se falsa, esentando dalla fatica di esercitare un pensiero autonomo.

Coloro che conducono questa battaglia contro il gender si presentano in ogni occasione, pubblica o formativa. Il messaggio portato da questi personaggi (assai bene organizzati e probabilmente finanziati) nelle occasioni di incontro nelle scuole o in luoghi pubblici, ha una capacità di presenza e diffusività notevoli proprio per la sua semplicità, la sua valenza manipolatoria e insinuante, e risulta efficace in particolare se rivolto a quei genitori preoccupati per l’educazione di figli e figlie, che non possiedono gli strumenti per decifrare la falsità e la vacuità di quanto viene loro proposto.

Riteniamo quindi che quanto fatto finora per contrastare questi attacchi diffusi non possa limitarsi al proseguimento degli interventi educativi nelle scuole, peraltro resi difficili o talvolta annullati a causa della campagna denigratoria, ma che sia necessario rivolgersi direttamente alla cittadinanza, organizzare tavoli di discussione in cui impostare un dibattito reale che sfati e denunci queste attività manipolatorie e per inserire nella cornice corretta le azioni educative volte a formare identità sessuate equilibrate e il più possibile serene.

La nostra proposta di un incontro e dialogo tra più realtà sui temi dell’educazione di genere si propone di creare una rete di alleanze e di reciproca conoscenza tra i soggetti che, a diverso titolo, si occupano di formazione di genere non solo con l’obiettivo di contrastare una campagna diffamatoria ma con l’intenzione di coordinare e rendere quindi più efficaci e correttamente praticabili e comunicabili una pedagogia e una didattica che consideriamo necessarie, soprattutto nella contemporaneità, per la crescita di piccoli e piccole e giovani donne e uomini.

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Barbara Mapelli, Alessandra Ghimenti, Laura Quagliuolo

 

Con il contributo di

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