di Gigliola Foschi.

Le fotografie di ricerca di Patrizia Riviera si potrebbero definire autoritratti senza volto. L’autrice fotografa infatti persone e paesaggi per far emergere le proprie emozioni interiori, i disagi, le sofferenze, le speranze, attraverso immagini di grande forza evocativa.

Con I Give Up: l’ultimo viaggio. Il sogno, esprime, ad esempio, la sua malinconia intrisa di rinuncia, creando un percorso visivo circolare, privo di aperture narrative, e dove il vedere si trasforma nell’impossibilità di relazionarsi con un paesaggio che diviene sfocato, inafferrabile. Con la più recente ricerca E voi che cosa cercate? – ispirata al romanzo di René Daumal (1908-1944), Il Monte Analogo –  Riviera interpreta la montagna e il suo incanto come un luogo simbolico di rinascita, di collegamento tra la Terra e il Cielo.
Le sue immagini divengono quindi un percorso di salvezza e speranza segnate da una comunione emozionale e profonda con la natura.

Accanto a queste e altre ricerche artistiche, Patrizia Riviera ha documentato dal 2000 le attività della Fondazione Emilia Bosis di Bergamo che, seguendo gli insegnamenti di Franco Basaglia, s’impegna nella cura, nell’accoglienza e riabilitazione di persone con disagi psichici.
Oltre a tenere un laboratorio fotografico l’autrice ha raccontato e seguito, sempre con grande partecipazione e sensibilità verso “i malati”, le attività della Fondazione: dalle escursioni con carrozze e cavalli agli spettacoli del Teatro Stalla dove uomini e animali “recitano” assieme; dai laboratori di moda a quello di fumetti, da un lungo viaggio in Patagonia alla quotidianità dei percorsi di cura.

L’idea al cuore della rivoluzione di Basaglia era vedere la persona e non la malattia, averne cura in quanto soggetto concreto, portatore di affetti e diritti, storie ed emozioni. Ebbene, ogni immagine di Patrizia Riviera non solo evita uno sguardo oggettivante, che fa del soggetto un oggetto da osservare dall’esterno, a distanza, per rivelare invece tutta la sua tensione verso una relazione umana partecipe, che si manifesta anche attraverso la pratica fotografica. Una relazione basata non solo sull’accettazione dei malati e dei loro bisogni, ma sull’affettività, sulla simpatia, o empatia, nei loro confronti.

Queste immagini ci rivelano che il suo sguardo non è proteso soltanto a restituire una soggettività al malato mentale: è infatti lo sguardo di chi sta vivendo un’esperienza di relazione, di crescita personale, resa possibile proprio dalla reciprocità. Lei dona a loro e a noi il suo sguardo compartecipe, loro le hanno offerto altri doni: quello di dare un nuovo significato alla sua vita, portandola a riflettere con maggior consapevolezza su se stessa, ad accettare quella parte di “sragione” che è in ciascuno di noi.

Patrizia Riviera (Milano 1956, residente a Bergamo) ha iniziato a fotografare nel 1992 frequentando la scuola “Donna Fotografa” di Giuliana Traverso. È una fotografa fine art e di reportage sociale. Dal 2003 conduce laboratori espressivi e terapeutici di fotografia. Dal 2000 collabora con la Fondazione Emilia Bosis di Bergamo, dedicata alla cura del disagio psichico, di cui ha documentato le molteplici attività. Dal 2018 fa parte dell’Associazione Donne Fotografe. Con l’Associazione ha partecipato alle mostre: Invisibile (Festival di Filosofia di Modena; Archiginnasio di Bologna ad altre, dal 2019 al 2023); Scolpite (Brescia Photo Festival, Palazzo Reale di Milano, Archiginnasio di Bologna, 2021-2024). Ha esposto sia in Italia che all’estero. Con i suoi lavori di ricerca ha vinto diversi premi, tra cui New Post Photography? di MIA fair, del 2020. Tra le sue mostre personali più recenti: E voi che cosa cercate?, Minturno Photo Fest, Latina (2021) e La liberazione della Follia, Fotografica, Festival della Fotografia di Bergamo (2023).

Martedì 26 marzo 2024, ore 18:00 nello Spazio da Vivere della Casa delle Donne di Milano, incontro con Patrizia Riviera: Il male di vivere. Fotografare la salute mentale. Coordina Gigliola Foschi.