Dalla legge 40 al nuovo quadro dei diritti procreativi

L’intervento di Benedetta Liberali, avvocata costituzionalista (Università degli Studi di Milano e Università degli Studi di Verona) che sostituisce Marilisa D’Amico indisposta, riparte dalla domanda sulla possibile configurazione di un vero e proprio diritto a procreare e ripercorre le tappe dello smantellamento, a colpi di ricorsi, della Legge 40. Nel 2009 con la sentenza n. 151, quando la Corte costituzionale cancella l’obbligo per il medico di creare fino a un massimo di 3 embrioni e di procedere a un unico e contemporaneo impianto e dà rilievo anche al pregiudizio per la salute della donna prevedibile al momento della fecondazione ai fini del differimento dell’impianto, individuando la necessità di bilanciare la tutela dell’embrione – che non è quindi assoluta – non solo con il diritto alla salute della donna, ma anche con le “esigenze della procreazione”; e nel 2014 quando la sentenza n. 162 dichiara incostituzionale il divieto di fecondazione eterologa in quanto viola il diritto all’autodeterminazione della coppia nelle scelte procreative e nella scelta di formare una famiglia anche con figli e, in modo particolarmente significativo, il diritto alla salute psico-fisica della coppia. La Corte, inoltre, ha dichiarato che le scelte procreative sono incoercibili (non si possono imporre) e ha riconosciuto l’esistenza di una discriminazione tra le coppie che possono accedere alla procreazione omologa e quelle che hanno necessità di ricorrere alla donazione esterna di gameti e, all’interno di quest’ultima categoria, fra le coppie che possono permettersi di andare all’estero e quelle che non hanno adeguate risorse economiche. Quanto alla tutela della posizione del nato da tecnica eterologa, la Corte costituzionale ritiene che quest’ultimo sia adeguatamente protetto dalla stessa disciplina posta dalla legge n. 40 che prevede il divieto di anonimato e di disconoscimento da parte della coppia e ogni scissione di legame con il donatore.

Quindi rispetto all’interrogativo iniziale ovvero se si possa individuare un fondamento costituzionale al diritto di procreare, si può osservare che la Corte costituzionale ha “riempito” di significato quelle “esigenze della procreazione” (sentenza n. 151 del 2009) attraverso il riferimento al diritto di autodeterminarsi nelle scelte procreative e nella scelta di formare una famiglia anche con figli e al diritto alla salute che viene ricollegato con la garanzia dell’applicazione della fecondazione eterologa (sentenza n. 162 del 2014): non un diritto ad avere un figlio “in mano”, ma un diritto a vedere soddisfatti quei diritti – autodeterminazione e salute – e dunque a vedere garantiti tentativi legittimi di instaurare una gravidanza attraverso le tecniche assistite.

Queste considerazioni potrebbero influenzare, peraltro, le ulteriori questioni che pendono davanti alla Corte costituzionale e che riguardano l’accesso alla diagnosi genetica preimpianto anche per le coppie né sterili né infertili, ma portatrici di gravi malattie (sulla questione si è già pronunciata la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, nel caso Costa e Pavan contro Italia, 2012, dichiarando l’irragionevolezza del nostro ordinamento che a determinate condizioni consente l’interruzione volontaria di gravidanza e non consente invece la diagnosi genetica preimpianto), e i limiti posti alla libertà scientifica (la Corte Europea deve decidere nel caso Parrillo contro Italia identica questione).

Una questione altrettanto problematica che non è ancora giunta alla Corte costituzionale (ma che è già stata oggetto di una decisione della Corte Europea nel caso Paradiso e Campanelli contro Italia, 2015, che ha riconosciuto l’irragionevolezza della mancata disciplina della trascrizione dell’atto di nascita del nato da surrogazione di maternità nel nostro ordinamento) riguarda il divieto di maternità surrogata, ovvero il ricorso alla gestazione esterna alla coppia, e le conseguenti problematiche relative alla trascrivibilità in Italia dell’atto di nascita legalmente formato all’estero.

Inoltre si potrebbero immaginare proprio alla luce delle due decisioni della Corte costituzionale (e anche tenendo conto che il nostro ordinamento conferisce rilievo alla procreazione cosciente e responsabile – legge n. 194 del 1978 – e anche artificiale – la stessa legge n. 40 del 2004 -) ulteriori questioni di legittimità costituzionale relative al mancato riconoscimento del diritto procreativo (da intendersi nel senso di cui si è detto) declinato nel senso della omogenitorialità e monogenitorialità.

Benedetta Liberali