BeQ_Sa4CYAAMCzH.jpg large

LA RI-CREAZIONE: cronaca semiseria del 18 e 19 gennaio nella Casa delle Donne di Milano, in via Marsala 8, che ha aperto il portone verde a tutte le donne della città per iscriversi alla nostra Associazione.

Ma fuori piove e piove.

Chissà se verranno? In quante verranno?

Intanto, tutto è pronto sui tavoli all’ingresso: domande di ammissione a nuova socia, materiale informativo sulle nostre attività, cartelletta stampa per le giornaliste /i.

Qualcuna porta i manifesti con il logo fresco fresco, scelto dopo un concorso e una votazione online tra le socie. Volonterose li attaccano sul portone d’ingresso, sulla bacheca e nella stanza dove si svolgerà una conferenza stampa informale con le assessore, consigliere e vicesindaca. Una entra con uno scatolone pieno di piante “per ornare” l’ingresso tra esclamazioni, ringraziamenti. Altre con solerzia tutta femminile le sistemano qua e là. Si preparano le nostre fotografe, le nostre video maker.

Tutto organizzato: i turni ai tavoli per iscriversi o riscriversi con le “vecchie” socie, cioè quelle di anno scorso, cioè le “prime”, pronte con i moduli, le tessere, la scatola dove mettere le quote. Le sedie (poche… se non vengono è meglio non averle vuote) sistemate nella stanza dell’incontro con la stampa e le “autorità” istituzionali. Anche un tavolone per un parco rinfresco.

E piano piano arrivano. Arrivano in tante, a gruppi, da sole: volti mai visti e più noti, le assessore, le consigliere, la vicesindaca. Aumentano gli ombrelli gocciolanti che colorano il grigio di questa ex scuola dell’inizio del ‘900 che abbiamo come sede. E purtroppo, vanificano anche le faticose pulizie fatte tra risate e chiacchiere il sabato prima con tante socie chiamate a raccolta. Ma tant’è.

La stanza dell’incontro che è un’immensa aula si riempie. E finalmente una voce: mancano le sedie! Prendiamo tutte le sedie che abbiamo. Tante in piedi, pigiate, tante fuori nel corridoio ad ascoltare. Non si sente! Rimbomba! Dicono. Certo i soffitti qui sono alti più di quattro metri…

Una quantità inattesa di donne.

Nel corridoio le nostre socie scrivono, scrivono: prendono iscrizioni. Si formano file ad ognuno dei 5 tavoli preparati.

Nell’aula, invece, si racconta, si applaude, ci si ringrazia a vicenda, si puntualizza il senso della Casa, mentre nel corridoio chi non è riuscita ad entrare e nemmeno ad approssimarsi alla porta per ascoltare si incontra e si bacia e si abbraccia. Quanto si baciano e si abbracciano le donne… corpi che non temono il contatto.

E non sono tutte “vecchie”.

Ci sono le donne giovani, le ragazzine, le lesbiche, che vogliamo proprio nominare. Perché una nostra socia lesbica ci ha detto che sino a quando non si riesce a pronunciare un nome, quella realtà non prende corpo.

Arrivano anche le figlie a braccetto delle madri. Arrivano le madri e le figlie e le figlie delle figlie. Qualcuna di noi a vedere arrivare la propria figlia è sorpresa. La figlia l’ha interrogata più volte sul senso di questa Casa solo per le donne. Perché solo per le donne? le ha chiesto. E lei le ha parlato a lungo ed ora la figlia è arrivata ad iscriversi.

Ci sono bambine e bambini, figlie e figli delle più giovani che recalcitrano alle presentazioni: ma è tua figlia? Ciao! e la piccola si ritrae con una smorfia.

Oppure c’è chi non si ritrae, ma si getta nelle braccia aperte dell’altra: ciaooo, anche tu qui, che piacere. O, ci siamo incontrate già e via dove e quando e cosa fai ecc. E anche: vi aspettavo…siete arrivate. Ecco questa è la Casa. Facciamo un giro.

E poi cosa farete? cosa posso fare io? Le domande più ricorrenti tra le tante nuove socie.

“Milano ha davvero bisogno di una Casa delle Donne?” ci si chiede sul blog del Corriere della Sera, La 27ventisettesima ora in un post scritto su di noi “o è un’iniziativa “fuori tempo”?

Ma se è un’iniziativa “fuori tempo”, perché allora le donne arrivano così in tante e quelle già iscritte non se ne vanno? Anzi, si siedono sulle panche nel corridoio, nel divano sistemato in una stanza, sostano in piedi e parlano, ridono, si raccontano e sembrano molto contente.

Che ci facciamo qui?

Solo la ricreazione?

Che sembra proprio l’ora della ricreazione in questo lungo corridoio di questa vecchia ex scuola che abbiamo a disposizione. Vocio, rimbombo, chi entra ed esce dalle aule, chi si ferma con l’una e con l’altra a parlare. Chi va al bagno e chi mangia qualcosa.

Oppure stiamo cercando di mettere in atto una Ri-Creazione?

Nel senso di ricreare. Prendere dall’esistente, dal  grande patrimonio di pensieri e pratiche delle donne dagli anni ’70 in poi e ricostruirlo, attualizzarlo, riempirlo di nuove domande e di un nuovo significato. Insieme. Vecchie e giovani, lesbiche ed etero, autoctone e straniere.

Alle 18 è ora di chiudere. Le donne, le dobbiamo quasi spingere fuori, che non se ne vorrebbero andare.

Noi puliamo, mettiamo a posto i fogli sparsi, contiamo il ricavato dalla iscrizioni: ci hanno dato molto di più della quota richiesta.

Imbottiamo di euro le nostre socie addette alla cassa e le mettiamo su un taxi.

È andata molto bene siamo arrivate alla tessera 267.

E la facciamo lunga…raccontiamo anche il giorno dopo.

Riapriamo la Casa.

Piove. Ancora piove. Peccato. Abbiamo anche il giardino e avremmo potuto mostrarlo, andarci a chiacchierare, a fumare…

Un timore: magari oggi vengono di meno. Non c’è niente, nessun evento che possa attrarre.

Invece no: arrivano già prima delle 12 e sono quasi più di ieri.

E così riprende la ricreazione/ Ri-Creazione nel grande corridoio dell’ala di via Marsala che si affolla sino alle 18 circa. Ragazze, donne giovani, bambini, lesbiche elettriciste e bariste, donne in pensione piene di interessi e di energie che si offrono, donne che non sanno, ma hanno letto dai giornali la notizia di questa Casa. Tante. Che si fa qua dentro? Ci piace questa idea, ci piace proprio. Possiamo venire per stare insieme.

Tra la folla anche il sindaco Giuliano Pisapia che si è venuto a fare un giretto.

Noi tutte continuiamo a spiegare a parlare ad organizzare gruppi da portare in giro per gli altri spazi: l’altra ala di via Milazzo che non abbiamo aperto, la palestra in condivisone con le altre Associazioni presenti nello stabile, come già abbiamo fatto ieri.

Continuiamo a presentarci tra noi le figlie e anche alcuni mariti che sono venuti.

Una donna davvero anziana con una vecchia pelliccia bagnata dalla pioggia e cappellino mangiucchia qualcosa dall’ormai scarso buffet. È venuta solo a vedere, dice.

Ad un certo punto vediamo che stanno finendo i moduli per l’iscrizione. Panico. Mancano anche le schede informative. Bè, le info le diamo a voce, tanto lo abbiamo già fatto anche ieri. “Ma non vanno via di qui senza essersi iscritte”, grida una di noi. “Magari usiamo la carta igienica!”. E ridiamo. Perché in effetti non abbiamo ancora nemmeno una risma di carta. Non ci abbiamo proprio pensato che avremmo finito i moduli. Non credevamo a tanto. Allora telefonata a una nostra socia che sta ancora a casa sua: aiuto! in poco tempo arriva tutto ciò che ci manca. Si continua a iscrivere. Le donne continuano ad arrivare a chiedere, ad offrirsi come volontarie.

Due fuori dalla porta e un grido: “riconoscimi, riconoscimi!”. L’altra niente, non la riconosce. “Guardami sono io!” I nomi. Un abbraccio fortissimo. Velocemente un aggiornamento sulle loro vite, di fretta. Dove vai? Al cinema. A vedere… dicono lo stesso film. Vanno a vedere lo stesso film e sono ancor più felici di mantenere gli stessi interessi dopo tanti anni.

Alla fine noi siamo stanche ed esauste dal gran da fare che abbiamo avuto.

Ma le nostre socie non sono numeri, non sono iscrizioni formali. Sono volti, corpi, storie, interessi, grande voglia di partecipazione.

Sarà anche “fuori tempo” avere una Casa delle Donne a Milano nel 2014, ma in 12 ore (due giorni di apertura dalle 12 alle 18) sono arrivate qui, con la pioggia battente, ad iscriversi in 555. E con tanta voglia di “ri-crearsi”…

Noi ne siamo entusiaste.

Puliamo il corridoio le stanze, differenziamo la spazzatura, ricontiamo i soldi.

Rimbottiamo di euro le nostre socie addette alla cassa che se li nascondono tra i drappeggi dei loro corpi esili. Sempre non si sa mai che li possano perdere.

Richiamiamo un taxi per loro e chiudiamo il portone verde. … Ma lo riapriremo presto, per lasciarlo aperto sempre più spesso!

di Francesca