postata il 6/4/2020 (Traduzione Letizia Parolari)

Nei giorni seguiti all’11 settembre 2011 ho inviato agli amici tre email descrittive.

Loro le hanno condivise e così è successo che queste mail sono finite in giro per il mondo guadagnandosi il nome di “Lettere da Ground Zero I-II-III”. Poi, nel 2012, l’uragano Sandy ha devastato l’area di New York ed io ho scritto la lettera Ground Zero IV. Questa è la lettera da Ground Zero V.

È una primavera fresca, umida ed esuberante. Ma l’epidemia insegue la città, facendo dondolare la falce attraverso tutto ciò su cui alita. Eppure i piccoli peri Callery nella mia strada sono in fiore, ondeggiando verso un altro ritmo, lanciando pigramente petali cremosi nelle derive di una tempesta di coriandoli.

In questo momento dell’anno vado nel mio giardinetto urbano per assistere al coro degli uccellini che all’alba cantano contro il ruggito di fondo della metropoli. Oggi non c’è il ruggito e la città non fa nemmeno le fusa. Nessun martellamento ovattato del possente cuore urbano. Nessuno scontro tra camion, squillo di clacson, sospiri di tubi di scarico, nessuno stridio di gomme o cigolio di freni. Nessuna saracinesca di negozio che si apre rumorosamente, nessuna porta che sbatte, nessuna radio a tutto volume dal cruscotto dei partecipanti alla festa della scorsa notte.

Oggi c’è silenzio. Silenzio palpabile. Rotto alle sette di mattina e alla sette di sera quando gli abitanti di New York appaiono per un attimo alle curve degli edifici, ai balconi o alle finestre per applaudire e congratularsi con le infermiere, i dottori e tutto il personale sanitario che sta cambiando turno, per mantenere vivi quelli di noi che rimangono. Per il resto, profondo silenzio – sebbene perforato ogni pochi minuti dalle sirene delle ambulanze. Gli uccelli non hanno rivali. Essi sono tanto indifferenti all’assenza del ruggito della città quanto alla sua presenza. Discendono dai dinosauri.

Oggi la città di New York è l’epicentro globale dei casi di Coronavirus. Ma tutti gli altri avranno la loro possibilità mentre la falce spazza ovest e sud. Già sono morti per Covid19 molti di più di quelli che morirono l’11 settembre. Gli inceneritori, operando ad una velocità tre volte superiore per far fronte alla più che tripla quantità usuale, ben presto non riusciranno più a trattare tutto quel numero di corpi. I giornalisti stessi, sfidando le strade, balbettano nel trovare sinonimi per parole come “Coraggioso, valoroso, dédito” per descrivere i lavoratori della Sanità, il personale del 118, la miriade di altri che prestano aiuto, chi esegue le pulizie, chi consegna il cibo, il personale essenziale che deve o sceglie di recarsi al proprio lavoro – anche I volontari che fanno ciò. Molte persone hanno iniziato ad indossare un nastrino bianco per onorarli. È un comprensibile gesto di reverenza, combinato con una famelica voglia di fare qualcosa.

Ma i tributi televisivi si sono presto ritualizzati, sentimentalizzati, facili come gli omaggi di animali di peluche sul marciapiede a vittime di incidenti stradali o omicidi – calmando l’ansia al momento ma alla fine inutili, perché il sistema stesso necessita di un cambiamento. Saranno migliorati il salario e le condizioni di lavoro di questi eroici cittadini quando la crisi sarà superata? Davvero?

Chiusi in casa, di fronte al computer, siamo depersonalizzati, disincarnati; quella alla quale ora siamo condannati è una comunicazione bizzarra, eterea/visuale/virtuale. Ci ha appiattito sullo schermo su due dimensioni – e questo se siamo fortunati abbastanza da avere la tecnologia per iniziare a farlo.

Il suono di una sirena cresce e poi piange in lontananza

Dopo l’11 settembre io potei percorrere le strade del disastro, abbandonate, e osservare. prendere atto che gli uccellini erano stati arsi – intrappolati nel risucchio ventoso dell’esplosione – i loro minuscoli corpi carbonizzati che intasavano le grondaie di Wall Street.

Quando l’uragano Sandy inondò tutto quello che poteva nel mio quartiere per giorni, io potei camminare per i 20 isolati in cui ancora funzionava l’elettricità, caricare il mio Pc da Starbucks e accovacciarmi sui gradini lì, a scrivere. Questa volta non posso muovermi da casa. Sia l’11 settembre sia l’uragano Sandy erano rispettivamente una tragedia nazionale e locoregionale e la gente altrove era disperata nel sapere cosa era successo, gli odori, i sapori  e come ci si sentiva, liberi dalle menzogne che fluivano dalle bocche dei politici.

Questa volta non c’è un altrove. Questa volta ognuno – l’intera specie umana – è nella crisi ed ogni esperienza è specifica. In tale cacofonia di unicità, questo scritto può essere irrilevante. Ma le parole sono tutto ciò che io ho da offrire, anche se il centro del mandala è dovunque.

Esco in strada di fronte all’edificio in cui abito e resto lì in piedi. La strada è vuota. Su e giù nel quartiere gli incroci sembrano vuoti, come se una nube piroclastica simile a quella che soffiò morte su Pompei avesse colpito, facendo sì che  ognuno corresse all’interno a nascondersi – e a essere avvolto dalla cenere.

Le strade sono state svuotate, ma le pagine dei necrològi si continuano a riempire. Occupano sempre più spazio sul quotidiano del mattino – un quotidiano riferito a, scritto da, edito, stampato, pubblicato e distribuito da anime intrepide.

La trasformazione ci coinvolge tutti, sirena, sia che siamo ammalati sia no. In Italia gli stadi del calcio sono trasformati in ospedali, gli stadi del ghiaccio in obitori. Qui a Manhattan, una delle più ampie sale da conferenza al mondo, The Javits Center, è ora un ospedale; così come lo stadio da tennis Arthur Ashe, sede degli open statunitensi, così come lo Sheep Massive di Central Park – luogo di così tanti concerti e festival, così tanta gioia – ora una tendopoli che si va riempiendo di pazienti.

Perché il peggio deve ancora venire. L’apice della curva è atteso entro le prossime 2 settimane. Sirene. Già ognuno conosce qualche sirena che è risultata  positiva, o sta morendo o è morta.

Il Governatore di New York, Andrew Cuomo, un politico antipatico che normalmente agisce come un rullo compressore, il cui ego è delle dimensioni dello stato del Montana, si è umiliato prima di Trump e di altri Governatori per ottenere le attrezzature necessarie a salvare le vite degli abitanti di New York. Cuomo sta emergendo come una specie di figura nazionale anti-Trump dato che le persone in tutto il paese e nel mondo riconoscono la sua improvvisa e singolare crescita come leader compassionevole, onesto ed efficace.

Vista la mancanza di leadership a livello nazionale questa non è maldicenza, gli stati hanno gareggiato per le offerte per ventilatori, letti e personale, ma Cuomo sta tentando di avviare una struttura a rete volta ad affrontare l’ondata di morte che sta attraversando la nazione, stato dopo stato. Alcuni governatori, naturalmente, ancora seguono alla cieca la nonchalance di Trump – fino alla morte dei loro sfortunati cittadini.

Eschilo scrisse che “chi apprende deve soffrire. E anche nel sonno il dolore, che non si può dimenticare, cade goccia a goccia sul cuore, fino a che, nella nostra disperazione,   contro la nostra volontà, diventa  saggezza”. Ed aggiunse: “attraverso la terribile grazia di Dio”. Questa saggezza oggi viene attraverso la terribile grazia della  Natura – di cui noi siamo parte. Dolore è come la nostra specie impara.

Noi impariamo la Geografia attraverso la Guerra: nomi come Nagasaki, Mogadiscio, Da Nang, Bosnia, Mosul.

Impariamo l’economia attraverso  povertà, politica e panico: l’attuale e incipiente crisi economica ha già prodotto più disoccupati di quello che fece la Grande Depressione – e la conseguenza sarà così imprevedibile che le domande da sole sono sconcertanti.

La peste nera nel XIV secolo provocò la fine del feudalesimo; il Covid 19 trasformerà o porrà fine al Capitalismo, al socialismo o allo stesso patriarcato?

Noi impariamo la scienza attraverso le emergenze, sebbene gli scienziati cerchino di persuadere, cultura dopo cultura, a supportare la ricerca prima di una crisi.

Noi impariamo le nostre interconnessioni attraverso la tragedia. Oggi gli scienziati ci stanno facendo strada, lasciando cadere le competitività professionali, condividendo la ricerca, collaborando attraverso i confini politici e nazionali.

Eschilo aveva capito la sua specie. Noi impariamo attraverso il dolore. Io vorrei azzardare che impariamo anche attraverso la risata – le risate di riconoscimento – ma molto raramente.

Abbiamo ancora da imparare. Tuttora, il tempo è accelerato e la nostra curva di apprendimento è troppo lenta. Una molla avvolta così strettamente deve srotolarsi. La nostra specie ha posto in movimento cose che non riesce più a fermare. Per molti versi, l’11 settembre sta ancora succedendo. Per questo autunno è prevista una stagione di uragani pericolosa e senza precedenti indotta dal cambiamento climatico.

Covid 19 non finirà in poche settimane o mesi o, per essere onesti, forse anni. Sirene. La Speranza può essere raggiunta solo attraverso l’onestà.

Questo è un nuovo “nuovo normale”, che sta rimpiazzando il vecchio “nuovo normale” al quale ci stiamo appena iniziando ad abituare, invece di fare un triage dell’idea di “normale” complessivo, cosa che probabilmente dovremmo fare. Potrebbe non dipendere più da noi “quando” questo finirà – ma dipende da noi “come” finirà. Se non possiamo evolvere abbastanza rapidamente, possiamo cambiare?

Ogni grande catastrofe nella storia ha offerto alla società, che ha lasciato frantumata nella sua scia, la possibilità, letteralmente, di reinsediarsi. Resettare ogni cosa, dalle strutture familiari ai sistemi economici, ai confini nazionali, alle scoperte scientifiche, all’aspettativa di vita, al concetto di universo, alla definizione di potere, alla definizione di ogni cosa.

Questa è la nostra possibilità, che ci viene data dal mondo della natura, che apparentemente sa bene quali sono le modalità in cui  la nostra specie apprende.

Nessuna delle quali porta conforto a chi è morto da solo. Nessuna delle quali conforta chi li piange.

Entro nel mio giardino e mi siedo con cautela per non disturbare gli uccellini. Loro mi danno un’occhiata e distolgono lo sguardo – uno sguardo sprezzante e confuso. Come se potessero essere disturbati da chiunque non discenda dai dinosauri. La loro indifferenza è confortante. Sirene. Ci saranno più lettere da Ground Zero questa volta, mi spiace.

Forgia  il coraggio. Cosa possiamo imparare da questo ?

https://www.robinmorgan.net/blog/letter-from-ground-zero-v/