di Maria Nadotti

(Mimesis, 2022)

Questo testo di Maria Nadotti già pubblicato da Il Saggiatore nel 1996, viene felicemente ripubblicato dall’editrice Mimesis nel 2022 grazie alla sua permanente attualità, all’interesse della casa editrice per i testi “storici” delle femministe italiane, ma soprattutto grazie alla relazione tra donne amiche che hanno fortemente caldeggiato la ristampa di un saggio ancora fondamentale, che qui ricompare con una nuova introduzione dell’autrice.

Il libro nasce nel 1995 commissionato da il Saggiatore come “manuale per capire nonché saggio per riflettere sul tema -certo non nuovo- del sesso, tagliato però con la categoria – da noi poco frequentata e in ambito femminista guardata con qualche sospetto- del genere.” (Dall’introduzione alla nuova edizione, p. 9)

Manuale quindi (con una bibliografia, una filmografia e un utile glossario dei termini) e saggio anticipatore di tematiche più recenti, quali: è proprio vero che il sesso sta alla natura come il genere alla cultura?
Siamo sicur* che il binarismo classificatorio della differenza sessuale corrisponda a una dualità “naturale”?

Nadotti decostruisce questo “binarismo imperfetto” dove il maschile è l’uno, l’universale e il femminile è l’Altro “che non sussiste se non in rapporto a un Uno che lo definisce tale e che su questa dicotomia infondata e sleale fonda il proprio primato”. Decostruzione condotta attraverso le analisi di varie pensatrici femministe, ma anche del pensiero del foucoltiano Laqueur che nega un’evidenza biologica della differenza sessuale. “Il genere (l’uomo e la donna) è ciò che conta… il sesso è una convenzione”, ribaltando così l’ipotesi essenzialista “di chi assume che la morfologia sessuale dei corpi porti con sé o meglio determini una differenza che investirebbe ogni sfera del vissuto individuale” (p. 104) (ipotesi che trova sostenitrici anche in alcuni ambiti del femminismo).

L’autrice poi compie un excursus storico attraverso le teorie cliniche e i vari casi processuali dal 19° Secolo in poi, ricostruendo la genealogia degli stereotipi di genere nel tempo.

Il dimorfismo sessuale o binarismo culturale “ci dice che la normale sessualità maschile, essendo fallica, vale a dire erettiva e penetrativa non può che essere predatoria, aggressiva, violenta” mentre “la normale sessualità femminile, che di quella maschile è il calco ribaltato, in quanto vaginale non può che essere, invece, accogliente e inclusiva, passiva, non aggressiva”. (p. 76)

In realtà il sesso, presentato come natura prima ancora che il soggetto si manifesti sulla scena della nascita, non è un dato fisso, immutabile e astorico. Che senso ha continuare a identificare sessualità con genitalità, e genitalità con genitorialità in presenza di una sempre maggiore sganciamento della sessualità dalla riproduzione?
La transitabilità dei sessi, ormai da tempo oggetto di spettacolarizzazione, suggerisce “una terzità, posizione ex-centrica, imprevista… totalmente ingovernabile e inclassificabile” (p. 121)

Il libro si conclude, dopo un excursus sugli stereotipi e gli slittamenti di genere nei film, con questa domanda: “se però, aiutati dall’evidenza storica, si può arrivare alla conclusione che lo zoccolo duro o l’essenza non è il sesso (di per sé muto e polimorfo) bensì il dimorfismo di genere (questo sì davvero intrattabile e resistente a mutamenti e fluttuazioni), perché non riconoscere che per gli esseri umani la biologia è decisamente più malleabile della cultura e applicarsi a ragionare su questa struttura fondante e sulla sua auspicabile balcanizzazione? La meta potrebbe essere, finalmente, la singolarità del desiderio “(p. 130)

E, nella nuova introduzione, l’autrice indica nella disidentificazione, nell’indeterminatezza sessuale, nell’itineranza il cambiamento in atto che va riconosciuto accettando un nuovo sguardo, già suggerito peraltro da Virginia Woolf nel suo Orlando: “I sessi, è vero, sono diversi; eppure si confondono. Non c’è essere umano che non oscilli così da un sesso all’altro, e spesso non sono che gli abiti i quali serbano l’apparenza virile e femminile, mentre il sesso profondo è l’opposto di quello superficiale”. (p. 24)

Il testo sarà presentato alla Casa delle donne il 17/05/2022.

Giuliana Peyronel