di Guadalupe Nettel
(La nuova frontiera, 2020)
Alina, Laura, Marlene, Doris, intorno a queste donne – e altre di minor presenza ma non di importanza – ruota il romanzo La figlia unica di Guadalupe Nettel. Laura, la protagonista, da sempre ha combattuto con l’idea di una maternità costrittiva e privativa, che porta le donne ad abbandonare le loro vite e ad abbracciare in toto la causa dei figli, stravolgendo i propri ritmi e le proprie abitudini, lasciando aspirazioni, sogni e obiettivi per dedicarsi completamente a piccole creature da accudire, educare e proteggere. Laura combatte contro sé stessa le rare volte che il suo orologio biologico si impossessa di lei. Allontana compagni e fidanzati appena sente anche il minimo accenno all’idea di procreare, e definitivamente decide che di figli non ne avrà e tempestivamente si sottopone ad un intervento di sterilizzazione tubarica. Quando le sue amiche diventano madri Laura sente di non aver più nessun interesse a frequentarle. È come se fossero risucchiate in un buco nero dove altro non vedono che le loro creature, perdendo la capacità di interagire con tutto ciò che non riguarda la maternità e i figli, diventano per Laura quasi repellenti.
Il giorno in cui la sua amica Alina le confessa di aspettare una bambina Laura non percepisce nessuna avversità, nessun fastidio, anzi si scopre in fondo essere felice di quell’annuncio. Quella nuova vita è quasi un miracolo per Alina e Aurelio, che tanto l’hanno aspettata e cercata, e Laura si sorprende di gioire con loro, preparandosi non senza stupore ad accogliere Ines (così chiameranno la bambina tanto attesa) lasciando andare le sue, sino ad allora, ferme convinzioni. In questo ritrovato equilibrio un terremoto stravolgerà le vite di tutti: Alina scopre che sua figlia ha una grave malformazione al cervello e i dottori le comunicano che con molta probabilità morirà alla nascita.
Dal momento in cui la felicità lascia spazio al dolore e all’incertezza tutto si muove nel romanzo attorno al concetto di cura, nelle sue mille sfaccettature e significati, nelle sue possibili varietà. È la cura che intesse una tela intorno alle relazioni che nel racconto si alternano in un montaggio finemente curato (il libro di Nettel è una sceneggiatura perfetta, nella lettura tutto scorre come su uno schermo). Nel disegno che si compone oltre alle relazioni un ruolo importante lo hanno i luoghi costruiti alla perfezione attorno ai personaggi: le case che accolgono, le case che nascondono e proteggono, le case che tengono prigionieri. E poi il cibo, altro elemento importante, descritto quasi come un termometro delle relazioni (ad esempio nel rapporto tra la protagonista e sua madre, Laura).
Il romanzo di Nettel per quanto molto doloroso per il tema trattato è una continua scoperta della vita che porta con sé la perdita e il cambiamento, e la incessante messa in discussione di noi stessi.
Lo consiglio perché Nettel, attraverso la storia della maternità, ci racconta del complesso sistema delle relazioni tra donne e di quanto il femminismo e le pratiche di pensiero delle donne possano aiutarci o guidarci nell’affrontare le nostre paure e i cambiamenti.
Guadalupe Nettel è una scrittrice messicana che vive e lavora a Barcellona e oltre a scrivere romanzi collabora a riviste letterarie, lavora come traduttrice e scrive anche saggistica. È una delle migliori voci dell’America Latina degli ultimi anni.
Oltre a La figlia unica troverai in Bibliomediateca anche l’ultimo romanzo di Nettel uscito proprio nel 2022 dal titolo Il corpo in cui sono nata.
Sara Filippelli