Eccoci alla ripresa settembrina delle attività col bel libro di Marcella Mascarino, La storia di Miss Marx (Jouvence, 2022), col testo di Alba Donati, La libreria sulla collina (Einaudi, 2022), e col mémoir di Alessandra Cerra, Cari tutti (Dantebus, 2023). Il primo libro è la biografia dell’ultima figlia di Marx, una donna in anticipo sui suoi tempi; il testo, denso di storia accuratamente ricostruita, ci immerge nella famiglia patriarcale del grande pensatore e organizzatore politico, tutta coinvolta nella stesura e pubblicazione de Il Capitale. Alba Donati racconta in un testo molto ben scritto la sua avventura riuscita: aprire una libreria prestigiosa nel paesino della sua infanzia. Il vivace e interessante mémoir di Alessandra Cerra, misto di prosa e di poesia, è l’esordio felice di un’infermiera appassionata di letture che fa rivivere persone e luoghi della sua formazione. L’autrice ha deciso di devolvere i proventi del suo libro alla Casa delle Donne di Milano e a Cadmi.

Continuate a seguirci sul sito. Potete contattarci all’indirizzo librarsi@casadonnemilano.it. Buone letture!

 


Marcella Mascarino
La storia di Miss Marx
Jouvence, 2022
Copertina del libro "La storia di Miss Marx"
Con una scrittura semplice ma coinvolgente, il libro ci restituisce la vita intensa e difficile di Tussy (soprannome familiare di Eleanor, l’ultima figlia di Karl Marx) e insieme un quadro ampio e articolato delle idee paterne e della loro incidenza sulla storia del tempo. Le vicende “private” della famiglia Marx si intrecciano allo scorrere tumultuoso della storia: le rivoluzioni del 1848, la guerra franco-prussiana, la Comune di Parigi del 1871.

Il rigore teorico, frutto di una scrupolosa documentazione, non toglie scorrevolezza e verve narrativa al testo perché esemplificato spesso nei vivaci dialoghi dei protagonisti. Sebbene la vita di Marx e delle sue figlie, in particolare di Eleanor, sia già stata raccontata in testi e film, il libro ha il pregio di farlo con una ricchezza di documentazione e una capacità di penetrazione che fa sentire come nuova la vicenda.

Sotto i nostri occhi rivive la famiglia Marx nella sua straordinarietà e insieme nelle sue miserie quotidiane, prime fra tutte persecuzioni politiche e povertà che la costringono a numerosi esili fino all’approdo stabile in Inghilterra. La costante corrispondenza tra i famigliari, e con amici e compagni di lotta, tesse una fitta trama di sentimenti, relazioni, speranze e delusioni.

Emergono il forte legame tra Marx e sua moglie Jenny che ne ha abbracciato totalmente le idee e che per rimanervi fedele ha rinunciato a una vita protetta e agiata, l’affetto tra le figlie (Jennichen, Laura e Eleanor) e di tutte loro coi genitori, il rapporto indissolubile tra Marx ed Engels, la gratitudine verso la fidata domestica Lenchen che nel dramma familiare ha un ruolo centrale.

Ciò che le lettere raccontano però è anche una storia dolorosissima di lutti, fatiche, infelicità e sacrifici. Pur all’interno di una famiglia fuori dagli schemi, sono presenti tutte le contraddizioni dell’epoca e prima di tutte i diversi ruoli di genere. Marx è marito e padre amoroso, crede nell’emancipazione culturale delle figlie, ma resta all’interno di una dimensione mentale patriarcale.

Pur nella lotta radicale alle strutture produttive e alle sovrastrutture culturali del mondo borghese, non ci si può sottrarre alle forme sociali e alle apparenze di decoro, cause del costante indebitamento; il capofamiglia è il perno indiscusso intorno a cui tutti ruotano e, pur lottando strenuamente per la classe operaia, non riesce a differenziarsi nei costumi e nello stile di vita dagli odiati borghesi; gli studi delle figlie sono incoraggiati, ma sempre nell’orbita degli scopi paterni, il bambino nato dal rapporto adulterino di Marx con la domestica, è attribuito a Engels.

Ombre profonde che, come in tante famiglie della stessa epoca, si traducono spesso in dolorose malattie fisiche e in crisi psichiche soprattutto per le donne, ma non risparmiano nemmeno gli uomini. Lo stesso Marx è perseguitato tutta la vita dal carbonchio. La sua opera monumentale, Il Capitale, che nasce da un lavoro titanico di ricerca e pensiero e che sfida le circostanze avverse, ha nella sua genesi tutte le sofferenze e i sacrifici delle donne della sua vita.

L’ultima figlia, Eleanor è l’emblema di questo destino femminile.
È la prediletta dal padre che scrive “Jenny è molto simile a me, ma Tussy è… me”.
Intelligente, curiosa, empatica e militante è quella che più abbraccia il destino paterno e ne condivide le scelte politiche.

Tuttavia questo privilegio diventa una trappola mortale. Il padre è contrario al suo fidanzamento con Lissagaray che si trascinerà per anni fino a morire di consunzione. Sono le esigenze del genitore, messe in prima linea, l’assistenza al suo lavoro e alle sue malattie che la inchiodano; il tentativo di disegnare per sé una nuova vita, dandosi al teatro, fallisce miseramente.

Dopo la morte di Marx, Eleanor ne assume l’eredità politica e ne prosegue la militanza, ma è un fardello molto duro fatto di contrasti, rivalità e fatiche anche se lei diventa una figura pubblica carismatica. Il movimento socialista è ormai in marcia, però, come sempre nella sua storia, anche quella futura, è continuamente lacerato da sospetti, lotte di potere, divergenze politiche e scissioni.

L’anoressia e la depressione, spesso compagne delle persone più sensibili e creative, diventano il retaggio costante di Eleanor. Ad una ad una muoiono, oltre al padre, tutte le figure significative della sua vita: la madre, Engels, l’amata sorella Jennichen stroncata dall’immane carico familiare fatto di povertà, numero eccessivo di figli, marito assente.

L’amore per Edward Aveling, un uomo emotivamente instabile e moralmente ambiguo, persino in morte di Eleanor, completano questa spirale distruttiva.

Il suicidio sembra giungere improvviso, ma in realtà è il punto di arrivo di una lotta durissima all’interno e all’esterno di sé rivelatasi ormai insostenibile. L’opera gigantesca del “Moro”, così era chiamato lo studioso in famiglia, in cui tutti avevano soprannomi, resterà una pietra miliare nel XIX e nel XX secolo e non ha ancora esaurito la sua carica potenziale, però la storia di Miss Marx ci ricorda che dietro lo studioso c’è il sacrificio di grandi donne senza il quale forse non esisterebbe.

Marilena Salvarezza  


Alba Donati
La libreria sulla collina
Einaudi, 2022
Copertina del libro di Alba DonatiAprire una libreria in un paese di 180 abitanti può essere visto come una scommessa assurda o come un sogno da realizzare con incanto e tenacia. Ma il paese è quello dove l’autrice ha vissuto “la zona cupa e gioiosa che si chiama infanzia”, il paesaggio è quello amato, con l’aria luminosa del Prato Fiorito in lontananza e le Alpi Apuane sullo sfondo. Soprattutto è il luogo dei rapporti famigliari, ricchi, intensi, contraddittori, spesso dolorosi, delle prime amicizie, degli incontri importanti.

Il sogno allora può diventare realtà.
Così dopo aver studiato e lavorato a Firenze, Alba Donati – scrittrice, poeta, direttrice del Gabinetto Scientifico Letterario Vieusseux – decide di tornare a vivere nel piccolo borgo di Lucignana, tra le montagne della Lucchesia, per “fare la libraria”.

Questo progetto così coraggioso invita a fare i conti con la propria storia e soprattutto con l’infanzia: persone, animali, fatti e figure importanti dei primi anni di vita dell’autrice vengono “convocati” più volte nel libro per fare da sfondo e mostrare le radici vive del presente.

È indimenticabile l’incipit del libro: “Ogni bambina è infelice a modo suo e io lo ero tantissimo”. E poche pagine più avanti: “Da bambina possedevo una soffitta enorme… Ce l’avevo fatta. Ero nel mio regno. Allestivo un’immaginaria classe di bambini, ognuno col suo quaderno, e facevo lezione…” Era il regno dei sogni, delle letture, delle immaginazioni.

Passati parecchi anni, il libro racconta, in forma di diario, la nascita e la crescita di un luogo speciale dove tutto è pensato per accogliere chi arriva quassù in una grande stanza luminosa, dove si trovano libri scelti con amore, cura e attenzione e dove, passato il cancello e inoltratisi nel prato, una sedia celeste e due sdraio invitano a fermarsi e a leggere tra rose e ortensie. È una libreria aperta in orari inconsueti, anche il sabato e la domenica, e offre non solo libri ma anche ottimo tè e “marmellate letterarie” create studiando i gusti delle scrittici e degli scrittori e dei loro personaggi.

I libri scandiscono le pagine del racconto: ogni giorno sono elencati “gli ordini di oggi” perché da tutta Italia, ma anche dall’estero, arrivano richieste di prenotazioni e di invii, dando anche a chi legge una pista di proposte varie e inconsuete.
Ma la strada per arrivare a realizzare questa libreria è stata anche in salita.

Alba Donati racconta i difficili due anni con i lockdown dovuti al Covid (la libreria ha aperto nel 2019) e dell’incendio che ha quasi distrutto poco dopo l’apertura la stanza già arredata e che ha bruciato gran parte dei libri. Il paese intero ha contribuito al lavoro di ricostruzione insieme a un generoso e commovente crowdfunding.

La storia della libreria s’intreccia alle storie delle persone di Lucignana: giovani donne si danno il turno negli orari di apertura, ragazzi e ragazze aiutano a rinnovare e dipingere, i bambini entrano correndo. Si parla della nipote o dell’amica così come di scrittori, scrittrici e critici letterari affermati come fossero tutti importanti e determinanti allo stesso modo nella sua vita e nelle sue scelte. Sono tutte persone che arrivano e “comprano libri così belli che riempiono di gioia la giornata”.

Alba Donati finora è stata nota soprattutto come poeta. Il linguaggio del testo, fatto di frasi brevi e spesso folgoranti, mantiene l’intensità sintetica propria della poesia. A volte si affacciano qua e là in modo del tutto naturale dei versi o delle citazioni di frasi, o di lettere, o di ricette, dell’autrice o di altri poeti e scrittori. Come questa di Vita Sackeville-West che descrive una casina vera, in miniatura: “C’era una volta una regina che aveva una casa di bambole. Una casa di bambole così meravigliosa che la gente veniva da ogni dove per vederla”. L’autrice commenta: “A Lucignana non abitano regine, ma fate sì. Molte”. E poi: “Le cose non dimenticano, hanno troppa memoria.”

Oppure: “La cucina, la vera cucina, è fatta da chi assaggia, assapora, sogna un istante, aggiunge un filo d’olio, un pizzico di sale, una foglia di timo, da chi pesa senza bilancia, misura il tempo senza orologio, sorveglia l’arrosto solo con gli occhi dell’anima e mescola le uova, il burro e la farina secondo l’ispirazione, come una strega benigna”.

O Vivian Lamarque:” P.S. / Siamo poeti. / Vogliateci bene da vivi più / da morti di meno / Che tanto non lo sapremo”.
O Wislawa Szymborska: “Chiedo scusa all’albero abbattuto per le quattro / gambe del tavolo. / Chiedo scusa alle grandi domande per le piccole / risposte”.
O dell’amato Pascoli, vicino di casa e di anima.

E una dichiarazione di critica letteraria e di poetica: “Annie Ernaux è il mio modello più prossimo. Riesco a concepire la letteratura come non-fiction, una storia inventata non mi appassiona, o meglio, non mi arricchisce”.

Un libro che invita a seguire le tracce che possono portarci a essere più serene, forse più felici. Tra queste tracce c’è sicuramente la lettura dei libri.

E l’invito a cercare e perseguire i propri desideri più profondi, anche avventure un po’ rischiose, ma autentiche e radicate nel fondo del proprio essere.

Giovanna Majno e Vittoria Longoni


Alessandra Cerra
Cari tutti
Dantebus, 2023
Copertina di "Cari tutti" di Alessandra CerraMolte donne oggi amano scrivere autobiografie, ma i testi di Alessandra Cerra hanno un profilo e un’efficacia particolari. L’autrice sa far rivivere figure, luoghi e fatti della propria vita con la nitidezza di dettagli di un quadro fiammingo, con la schiettezza di chi ha scelto la propria vita, con l’amore di chi è riconoscente a tutte le persone incontrate anche di scorcio, con una scrittura agile e godibile.

I paesaggi, le case e i personaggi della propria infanzia; le maestre e le colleghe degli anni e degli ambienti collegiali, ritratti con realismo e ironia affettuosa; le esperienze indimenticabili della sua attività professionale di infermiera; svolte di vita, amicizie, amori e momenti di vita quotidiana, tra familiari, figli e animali di compagnia; parroci di campagna, suore diverse; l’amata Sardegna col suo mare, i suoi profumi, i sapori, il dialetto, le sue tradizioni, le sue “tzie” sapienti da interpellare come antiche profetesse.

Dentro l’ospedale, bambini piccoli e piccolissimi, prematuri, dializzati e non; malati, terminali e non; familiari, più o meno o troppo coinvolti; abbracci e sguardi sul filo dell’eterno; tempi sospesi capricciosamente sul confine tra la vita e la morte; dialoghi memorabili e battute autoironiche; confessioni semiserie di un’infermiera quando si trova a indossare i panni della paziente, o a trafficare con congegni elettronici.

Tra una narrazione e una descrizione, qua e là si affaccia, imprescindibile e necessario, qualche testo poetico.
Intercalati ai ricordi personali, nel libro incontriamo a volte personaggi e vicende di invenzione: se l’autrice non li segnalasse e dichiarasse come tali, stenteremmo a distinguerli dai vissuti autobiografici.

Persone e fatti escono dall’insignificanza, si imprimono nella memoria e rivivono nitidamente: è una promessa di oltrepassamento della morte.
Arrivati alla fine del libro, vorremmo veramente saperne di più, immergerci in altri ricordi e personaggi, approfondire la formazione e le attività di una scrittrice/infermiera che sentiamo affine per molti aspetti. Vorremmo che continuasse a renderci partecipi delle gioie, delusioni, lutti, emozioni particolari di chi convive quotidianamente con ammalati, persone morenti, guarigioni inattese, con la varia umanità degli ospedali.

Questa prima prova di scrittura di Alessandra Cerra è promettente: lei stessa ammette di aver concluso il suo libro quando si erano esaurite le pagine a disposizione e non certo gli argomenti.

Speriamo di poterne parlare di persona nel nostro Spazio da Vivere, aspettiamo il séguito del suo mémoir e intanto la ringraziamo per la decisione di devolvere i suoi proventi editoriali alla Casa delle Donne di Milano e alla CADMI, nostra partner di progetto.
Una decisione che chiarisce e completa il profilo valoriale dell’autrice.

Vittoria Longoni

 

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