di Sally Rooney
(Et Scrittori – Einaudi 2023)

Dopo il grande successo dei suoi primi due romanzi Conversation with friends e Normal people – e delle loro trasposizioni cinematografiche a cui l’autrice ha collaborato – Dove sei, mondo bello è il terzo romanzo di Sally Rooney (nata nel 1991 in Irlanda).
La Rooney riesce magistralmente a raccontarci e a descrivere la vita di chi sta per attraversare la fatidica soglia dei trent’anni, quando capita di soffermarsi sul tempo trascorso, sulle aspettative disilluse o realizzate e a ripensare il futuro.
Non è un libro su una generazione ma uno sguardo molto più ampio sulla, sperata, fine di un’epoca: quella consumistica e della mercificazione (anche delle relazioni umane) o, almeno, sul suo ineluttabile cambiamento.
Un libro su Dublino e la sua gente.
Una città:
“ …dove è difficile salire o scendere più di tanto ” e si potrebbe considerarlo “un modo democratico di organizzare una città – perché tutto accade in modo frontale, intendo, su base paritaria” .
“Ma questo dà al cielo un posto di predominio assoluto”
“L’effetto totalizzante del cielo alla gente del posto fa male”
e quattro persone:
Alice scrittrice che ha pubblicato con successo; Eileen la sua più cara e unica amica; Felix il nuovo amore trovato su Tinder e Simon che ama la sua amica da quando aveva sette anni, ma ha anche altre relazioni.
Amici che si cercano, si feriscono, si amano, si fraintendono si deludono e che, soprattutto, non smettono di parlarsi o di scriversi via mail o sms.
Si scambiano opinioni e pensieri sulla delusione per la propria vita, la mancanza di parole per raccontare e capire il desiderio sessuale e le relazioni umane a cui si pensa a volte come :
“…a qualcosa di morbido tipo la sabbia o l’acqua cui diamo forma versandole in un determinato recipiente.
Così la relazione di una madre con sua figlia andrà ad occupare il recipiente etichettato come “madre e progenie” ….e assumerà i contorni del suo contenitore…nel bene e nel male. Magari certe amiche infelici sarebbero state perfettamente appagate come sorelle o certe coppie sposate come genitori e figli, chissà.”
E raccontano del lavoro che detestano o che “non è male” ma col quale non riescono a pagare l’affitto.
Discutono di verità e del senso del sacro; dei desideri non riconosciuti, delle occasioni perse o rifuggite; dei sogni irrealizzati o che hanno realizzato oltre ogni aspettativa.
Raccontano le fughe dai famigliari, dai quali si sentono odiati ma ai quali guardano comunque con tenerezza.
Parlano delle depressioni, dei farmaci, delle ubriacature, di consapevolezza di essere nel mondo dei privilegiati, di categorie identitarie ed etiche di oppressi e oppressori.
E poi ci sono sempre, sempre presenti e disponibili vicendevolmente.
Sempre pronti a rispondere, ad aprire la porta ad accogliere in casa, ad andare tutti i giorni in un ospedale per mesi a trovare l’amica, ad accompagnare in viaggi, a vegliare di notte, a fare l’amore, a consolare ad ascoltarsi e a farsi forza.
Imparano ad accettare la propria vita anche se non è quella che si erano immaginati.
“Ma è la vita che ho, la sola”
e si accorgono di essere felici.
Rossana Molinari