Possono essere utili alla nostra riflessione attuale sulle guerre racconti di donne che si sono trovate a vivere, a sopravvivere e a ricordare in mezzo a conflitti gravissimi.

Anna Funder, Tutto ciò che sono, Feltrinelli, Milano. 2013 L’autrice, giornalista e scrittrice, vi ha raccolto le memorie di una donna tedesca (detta nel romanzo Ruth) sopravvissuta alla repressione hitleriana che, ormai anziana, vive in Australia.

Marisa Madieri, “Verde acqua. La radura e altri raccontiEinaudi 2016. Il testo raccoglie alcuni scritti pubblicati in anni diversi, dal 1987 in poi. Si tratta di un racconto-diario che collega le riflessioni sulla vita di una donna adulta agli anni della sua infanzia e adolescenza. Un’infanzia felice, ma coinvolta nel drammatico conflitto tra italiani e slavi scatenatosi alla fine della seconda guerra mondiale.

Helga Schneider, Il rogo di Berlino, Adelphi  1995 e 2001. I testi contengono i drammatici ricordi di una bambina abbandonata dalla madre nella città di Berlino durante la seconda guerra mondiale e il tragico resoconto di una ultima visita della figlia alla madre, in una casa di riposo: l’anziana donna è ancora fanaticamente attaccata alla sua esperienza nelle SS naziste.

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FunderAnna Funder
Tutto ciò che sono
Feltrinelli, Milano. 2013

La figura di Dora nella memoria di Ruth

Anna Funder, giornalista e scrittrice, ha raccolto le memorie di  una donna tedesca (nel romanzo Ruth)  sopravvissuta alla repressione hitleriana che, ormai anziana, vive in Australia.

Da questo nucleo nasce il romanzo che mescola ricordi, rimpianti e riflessioni dei due protagonisti agli eventi drammatici dell’ascesa al potere di Hitler.

Ne nasce un libro cupo, amaro e insieme profondamente toccante in cui  si alternano il punto di vista di Ruth e di Ernst Toller Toller commediografo e scrittore, costretto all’esilio prima in Inghilterra e poi negli Stati Uniti.

Ma al centro della scena c’è Dora Fabian amata da entrambi, figura luminosa eppure fragile e tormentata di donna, coraggiosa e indomita nella sua battaglia per i diritti civili. Il romanzo inizia il giorno in cui Hitler nel 1933 prende il potere e diventa cancelliere. L’avvenimento è visto con gli occhi di Ruth, ancora increduli (come saranno tutti quelli degli oppositori socialdemocratici)..

Un drammatico esilio

Ben presto però l’atmosfera per gli oppositori si fa irrespirabile (intimidazioni, violenze, incarcerazioni) fino a costringerli all’esilio in Inghilterra.

Dora che aiutava Toller nella stesura dei suoi testi, riesce a metterne in salvo i manoscritti. Le illusioni degli esuli sull’accoglienza inglese si infrangono ben presto. E’ loro vietato riunirsi, fare politica, sono sorvegliati come criminali non solo dalla polizia tedesca ma anche da quella inglese. Le loro grida  di allarme su quel che succede in Germania sono inascoltate.

Anna Funder intreccia le vicende storiche, ricostruite col rigore delle fonti, alla capacità di introspezione dei caratteri e dei sentimenti dei protagonisti.

Ognuno di loro deve reinventarsi ruoli e professioni. Se alcuni resistono fino alla fine, altri iniziano un inesorabile declino della loro parabola politica ed esistenziale.

Dora continua la sua eroica resistenza ma a prezzo della dipendenza dalla droga, Ruth si inventa il mestiere di fotografa; suo marito però, privato del suo ruolo di brillante giornalista politico, e geloso di Dora diventa un delatore e consegna agli sgherri di  Hitler il suo miglior amico per poi sparire. Il dramma non è ancora finito: Ruth al ritorno da un viaggio trova Dora e una sua amica morte nel letto.

Una frettolosa e faziosa inchiesta conclude per il suicidio. Ruth e Toller cercano invano di opporsi al verdetto. Toller emigrerà negli Stati Uniti.

La fine delle illusioni

I capitoli in cui si immagina Toller parlare in prima persona, ricostruiscono la sua vita avventurosa e drammatica: combattente e ferito nella grande guerra, matura una coscienza pacifista, milita nei socialdemocratici e diventa capo della repubblica bavarese dei consigli, durata pochi mesi tra il 1918  e il 1919  i cui  esiti sanguinosi  mettono alla prova le sue convinzioni pacifiste e rappresentano la sconfitta di una vita.

Il suo amore per Dora è stato assoluto ma non è riuscito a sopravvivere in una dimensione quotidiana. La vena creativa si è esaurita e avverte sempre di più intorno a sé e in sé il vuoto, metaforico e letterale in cui si getterà.

Ruth torna in Germania e dopo la prigionia, andrà prima in Asia e poi in Australia. Nel romanzo scrive la sua storia e quella della cugina Dora quando ormai è vecchia, disillusa e malata, dopo che le sono stati recapitati i manoscritti di Toller salvati da Dora che hanno viaggiato in tutto il mondo.

Si chiude così il cerchio dei destini del gruppo.

Anna Funder alterna con sapiente bravura la parte documentaria e quella romanzata: Il libro mantiene tutto il coinvolgimento della narrazione e tutto il rigore della storia.

Una storia a pochi nota, quella dei fuorusciti oppositori del nazismo e quella di Dora, cresciuta in una famiglia illuminata, figura carismatica di attivista, coscienza critica senza cedimenti.

Anna Funder  sa governare la complessità di struttura e la ricchezza di temi del libro con stile scabro, asciutto e dolente.

Marilena Salvarezza


MadieriMarisa Madieri
Verde acqua. La radura e altri racconti
2016 Einaudi

Il libro raccoglie alcuni scritti di Marisa Madieri (Fiume 1938- Trieste 1996) pubblicati in anni diversi, dal 1987 in poi.

“Verde acqua” è un racconto-diario che collega le riflessioni sulla vita di una donna ormai adulta agli anni della sua infanzia e adolescenza.

Un’infanzia felice, vissuta nella luminosa città di Fiume, ma ben presto coinvolta nel drammatico conflitto tra italiani e slavi scatenatosi alla fine della seconda guerra mondiale. Le terre che avevano profonde radici italiane diventano jugoslave e mentre il mondo festeggia la pace, gli italiani dell’Istria sono messi davanti a una scelta drammatica: restare nella terra dove sono nati, non voluti e visti come estranei, o lasciare tutto per ricominciare una nuova vita, tollerati e spesso quasi ignorati, nella terra d’arrivo.

Duecentocinquanta-trecentomila persone emigrarono, un dramma a lungo rimosso e falsificato. Si intuiscono sullo sfondo di questo racconto i feroci scontri politici, le foibe, l’intolleranza e la sopraffazione, i rancori, le vendette.

Ma in queste pagine il problema politico generale si fa vita quotidiana.

E’ la donna adulta che ripensa e rielabora il suo passato, racconta con toni attenti, commossi e sinceri la sua esperienza, descrive, con la profonda tranquillità del narrare, l’esperienza sua e della sua numerosa famiglia coinvolta nell’esodo.

Usa una scrittura limpida, che racconta con verità e semplicità le esperienze vissute: l’esodo, lasciando tutto a Fiume, il difficile impatto con la scuola italiana, gli anni passati nel campo di raccolta del Silos, l’enorme magazzino senza acqua corrente, senza luce che raccoglie le famiglie degli sfollati.

Gelido d’inverno, arroventato durante l’estate. E lì la giovane adolescente riesce a farsi prestare alcuni grandi classici della letteratura tra cui “Guerra e pace” che legge e rilegge con passione e che diventa il parametro segreto di ogni sua aspirazione e ideale di vita.

Sono tratteggiate con intensità figure memorabili come quella della nonna Quarantotto, fiera e instancabile anche nell’esilio.

Insieme a “Verde acqua” sono qui proposti alcuni racconti brevi scritti in tempi diversi.

Marisa Madieri ha vissuto a Trieste, lavorando prima nelle Assicurazioni Generali e poi come insegnante d’inglese nei licei.  E’ stata la moglie di Claudio Magris, la madre dei loro due figli.

Ma lo diciamo solo alla fine, la delicatezza e la profondità del libro vivono di vita propria.

Giovanna Majno


SchneiderHelga Schneider
Il rogo di Berlino
Adelphi 1995
 e
Lasciami andare madre
Adelphi 2001

Nel 1941 Helga Schneider, che era allora una bimba di 4 anni e suo fratello Peter di 19 mesi, mentre il padre era al fronte, vengono abbandonati a Berlino dalla madre, decisa ad arruolarsi a tempo pieno nelle SS.

Il padre sposa poi una giovane berlinese, ma la matrigna accetta solo il piccolo Peter e fa internare Helga prima in un istituto di correzione per bambini difficili, poi in un collegio per ragazzi indesiderati dalle famiglie. Nell’autunno del 1944 una zia riporta Helga a Berlino, città ormai ridotta a un cumulo di rovine e macerie. Lì Helga e la sua famiglia sono costretti a vivere in una cantina a causa dei continui bombardamenti.

Il testo Il rogo di Berlino”, pubblicato in italiano cinquant’anni dopo, ripercorre dal punto di vista della piccola Helga gli anni terribili della guerra: bombe e distruzioni a tappeto, morti, freddo, privazioni, vita stentata e promiscua nei rifugi e nelle cantine, violenze. Per la bambina questa tragedia si somma all’incomprensibile abbandono materno subìto da poco.

Il padre è distante e non riesce a comunicare con la figlia, costretta a vivere in continuo conflitto con una matrigna ostile. Solo il nonno sembra capire la piccola Helga, che assiste più volte a uccisioni e brutalità.

Conosce la violenza e i deliri del regime hitleriano, la durezza delle SS anche nei confronti dei loro concittadini, ha persino un incontro con Hitler in persona, nel bunker.

Egli appare alla bambina come un vecchio sfibrato: “un volto dal colorito grigiastro che assomiglia davvero poco ai ritratti appesi”.  Assiste alle violenze compiute sulle donne dalle truppe russe entrate a Berlino da vincitori.

Scoprirà poi l’orrore del progetto di annientamento degli ebrei da parte dei nazisti e dei campi di concentramento.

Nel 1948 Helga e la sua famiglia rimpatriano in Austria. Dal 1963 Helga si sposta in Italia, a Bologna, e ne fa la sua città, come fa dell’italiano la sua nuova lingua. Si sposa, ha un figlio e un lavoro, ma poi perderà tutto questo.

Nel 1971 Helga cerca di incontrare la madre, che non vedeva da trent’anni, per farle conoscere il bambino. In quella occasione viene a sapere che aveva abbandonato lei e il fratellino Peter per seguire un sogno perverso di emancipazione arruolandosi nelle SS e lavorando nei campi di concentramento.

La madre, condannata dal Tribunale di Norimberga a sei anni di carcere, non ha rinnegato nulla del suo passato, anzi conserva orgogliosamente la divisa di SS e vorrebbe che Helga la indossasse, tenta persino di regalarle gioielli provenienti dai campi di sterminio.

Tra la madre e la figlia inorridita si consuma una seconda, drammatica rottura.

Helga fugge col bambino e rimuove il suo passato. Solo l’amicizia di altre donne, la frequentazione dei collettivi femministi e alcune collaborazioni editoriali l’aiutano a ritrovare poco a poco i ricordi, a far riemergere in lei anche la lingua tedesca che era finita sepolta sotto una doppia rimozione. L’italiano però è la lingua costante dei suoi numerosi scritti.

Nel 1998 viene a sapere che sua madre è ancora viva, ricoverata presso Vienna in una casa di riposo per anziani. Decide di incontrarla un’ultima volta prima che muoia. Ritrova nella madre, insieme ai guasti dovuti all’età avanzata, una tenace, irrigidita fedeltà al nazismo. Essa continua a non rinnegare nulla. Poche volte affiorano nel suo vecchio volto segni di tenerezza, ma su tutto domina la rabbia di un’adesione fanatica a Hitler, alle SS e alle loro perverse ideologie. Concetti, parole, imprecazioni che l’anziana donna ripete alla figlia, con la fissità della sua memoria ancorata al passato.

I resoconti precisi e implacabili di questo ultimo difficilissimo incontro sono raccolti nel testoLasciami andare madre del 2001, cronaca di un dialogo impossibile trascritto ora per ora. Nessuna riconciliazione è possibile tra la madre e la figlia.

Solo la relazione con altre donne aiuta Helga a continuare.

Il testo è alla base di un lavoro teatrale che è andato in scena nel 2004 per la regia di Lina Wertmüller e del film del 2017  Let me go, diretto dalla regista scozzese  Polly Steele.

La scrittura essenziale di Helga Schneider è frutto del suo lavoro di scavo su un passato traumatico che aveva sepolto e del percorso di autocoscienza condotto con altre donne.  Le sue opere costituiscono una forma di testimonianza e di riscatto.

L’autrice ha pubblicato numerosi racconti, romanzi, memorie e saggi, per adulti e per ragazzi, spesso premiati, tra il 1993 e il 2022.

Scritture di vario genere che aiutano a riflettere, rielaborano traumi e ricostruiscono sul piano simbolico relazioni rese impossibili dai conflitti della storia e dal patriarcato.

Vittoria Longoni


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